Regia di Robert Z. Leonard vedi scheda film
'Il paradiso delle fanciulle' narra, in parte romanzandole, le gesta di Florenz Ziegfeld (William Powell), vulcanico impresario, imbonitore, talent scout di bellezze femminili e, in pratica, tra gli 'inventori' del Musical a stelle e strisce, vissuto tar la fine dell'Ottocento e caduto in disgrazia dopo la crisi finanziaria del '29 e deceduto poi nel 1932.
Il film, il cui titolo in originale - 'The Great Ziegfeld' - si focalizza giustamente sul celebre manager, è certamente un'opera di indubbio valore, anche se i tre Oscar vinti - film, attrice protagonista a Luise Rainer nel ruolo della prima moglie di Ziegfeld Anna Held, la coreografia per la canzone 'A Pretty Girl Is like a Melody' - li trovo tutti immeritati.
Il film, nonostante la durata spropositata, che, con l'Overture, solca le tre ore, non è affatto noioso o prolisso ma è caratterizzato dal fatto che le parti migliori, stranamente, non sono quelle prettamente musicali, con balletti ed esibizioni canore varie, ma quelle per cosi dire 'dietro le quinte', con l'impresario sempre alla ricerca del talento da scritturare, le beghe contrattuali in ufficio con i contratti da siglare, il cantante o ballerino/a da soffiare al manager concorrente, le stelle create dal giorno alla notte e con la stessa rapidità, l'altrettanto veloce loro eclissarsi, le estenuanti e sempre concitate prove e soprattutto le storie con le tante fanciulle del titolo italiano, con la sceneggiatura che si concentra, tra le altre su Anna Held (Luise Rainer), cantante di origine tedesca, sposata e poi lasciata per Billie Burke (Myrna Loy), altra stella della rivista.
La regia, affidata all'artigiano Robert Z. Leonard, come già accennato, non brilla certo per stile nelle numerose scene di canti e balli, dove le coreografie, lontane sia dall'eleganza dei film della coppia Fred Astaire e Ginger Rogers sia dalla ricercatezza e dalle astrazioni visive di Busby Berkeley, procedono più per accumulo di ballerini sul palco, sfarzosità di costumi e lunghezza dei numeri, ma funziona a livello narrativo, senza sostanziali cali di ritmo e parentesi musical che si intersecano a dovere con le altri parti, girate con buon piglio e toni da commedia, non priva di una gustosa ironia nei confronti del mondo dello Showbiz.
Straordinaria la prova di William Powell e incomprensibilmente nemmeno candidato all'Oscar (era già candidato per 'L'impareggiabile Godfrey' ma, ai tempi, ci stavano due candidature), lui vera anima del film, contrariamente a Luise Rainer, alla quale le fu assegnata, molto inspiegabilmente, la prima di due statuette consecutive di migliore attrice protagonista per un ruolo significativo ma al massimo da non protagonista, dato lo scarso minutaggio in cui appare e il suo stile recitativo, molto impostato e teatrale, che esce fuori specie nella famosa scena della telefonata a Ziegfeld, con cui si congratula del suo nuovo matrimonio, la cui enfasi drammatica fa un po' a pugni con il resto del film; ottimi invece altri comprimari, tra cui una giovane Myrna Loy nei panni appunto della seconda moglie di Ziegfeld, Frank Morgan, l'amico-rivale Billings, Virginia Bruce nel ruolo della ballerina, celebre per apparire nella coreografia della torta e Fanny Brice nel ruolo...di se stessa!
Nel complesso, non certo un capolavoro, tutt'altro che un brutto film, ma non meritevole del massimo premio attribuitogli dall'Academy, con almeno tre titoli candidati - 'E' arrivata la felicità', 'Infedeltà', 'San Francisco' - di gran lunga superiori e ancor oggi molto quotati.
Voto: 7 (v.o.).
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