Regia di Leandro Lucchetti vedi scheda film
LUCIO FULCI "NON" PRESENTA questa perla trash che non potevo fare a meno di commentare perché sono cresciuto a pane e horror di bassa lega a notte tarda su Italia 1. La scena girata al maneggio è un capolavoro del nonsense che va visto almeno una volta nella vita. I degustatori di ciofeche horror lo guardino pure. Voto: 4 al pranoterapeuta baffone.
Come accade nella Ricerca del tempo perduto, quando Swann, il protagonista del sacro testo proustiano, inzuppa un biscottino nel tè e viene travolto da un'epifania, una intermittenza del cuore che gli riporta alla mente i ricordi di un passato che pareva sepolto, mi è accaduto di mettere ordine tra le pile di videocassette impolverate e abbandonate al freddo di una cantina, e di avere tra le mani questo pezzo di cinema di bassa lega che mi ha letteralmente inondato di ricordi riaffiorati dall'oblio della memoria.Tutta un'infanzia di orrori cinematografici è ritornata a galla dal passato. Propriamente orrori, nel senso del genere da me prediletto durante la fase prepuberale, ma anche nel senso di vere e proprie degenerazioni filmiche che hanno fatto "grande" il nostro piccolo cinema horror di raccatto e che in qualche modo hanno fatto grande anche me, biologicamente parlando.
Bloody psycho - Lo specchio (lo specchio di che?) è una pellicola che ben rappresenta in senso cinematografico la metafora dell'emarginazione urlata da Rino Gaetano in Mio fratello è figlio unico: è un film deriso declassato frustrato dimagrito, è un emarginato del cinema dell'orrore che meriterebbe una visione distratta e portata avanti di sbadiglio in sbadiglio. Ancora, questo "impresentabile" presuntamente presentato dal Maestro Fulci è la sintesi della disgrazia e l'apoteosi della schifezza (come direbbe Cecco, il panettiere di Fantozzi contro tutti).
Un po' d'impressioni in ordine sparso, brevi e concise, sorvolando i buchi (o le voragini) di sceneggiatura, i dialoghi risibili, la messa in scena sciatterella:
il regista Lucchetti (Leandro, non Daniele) è un feticista, ama riprendere morbosamente le scarpe del protagonista seguendole ovunque esse lo portino, dentro e fuori il castello stregato. Vassilli Karis nella parte del barbone, è "leggermente" sopra le righe, tra smorfie, ghignate, occhi strabuzzati e frasi oscure e sibilline come: "Il fottuto castello è maledetto, [...] ci sono i fantasmi". C'è un po' di erotismo spicciolo e soporifero che succede o precede sequenze di morte altrettanto narcotiche. Il fantasma putrefatto e tetraplegico che recide carotidi con la sua carrozzella, più che un mostro, è una mostruosità. Ci sono trovate sceniche geniali per la loro inconsistenza e insensatezza (lo stretching orientaleggiante del pranoterapeuta, la cavalcata country al maneggio), necessarie a stiracchiare il film fino agli 80 minuti d'obbligo. Eppure rimane di positivo qualche scenario tetro, l'atmosfera talvolta lugubre e malsana, nonostante le inesorabili cadute in cliché orrorifici.
Come dicevo prima, un film disgraziato e malriuscito, un emarginato del cinema alla pari di tutti gli altri prodotti confezionati dall'accoppiata Nannerini&Lucidi e indebitamente presentati da Fulci. Storicizzando un pochino, Bloody psycho è certamente uno dei tanti orfani del cinema di genere nostrano, un cinema che, nell'anno del Signore 1989, stava consumando la sua lenta agonia sino a scomparire a partire dal decennio successivo. Un cinema ferito mortalmente dalla massificazione televisiva ormai straripante. Ed ecco che proprio la tv accoglierà una miriade di volte questo orfano nelle sue programmazioni notturne. È così che scoprii la sua messa in onda, registrandolo, guardandolo e urlando con la mia vocina stridula di undicenne: "Al capolavoro! Bene, bravo, bis!".
Se ci ripenso adesso, penso a un film-spazzatura, ma anche a una figurazione della mia nostalgia e del mio passato di spettatore imberbe. Bloody psycho - Lo specchio della mia infanzia perduta e ritrovata.
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