Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film
VOTO 10/10 Dramma psicologico che apre la trilogia dell'incomunicabilità del regista ferrarese, è anche uno dei film dove il paesaggio assume un ruolo essenziale nello svolgimento della vicenda, spesso come correlativo oggettivo dello stato d'animo dei personaggi. Una storia ambientata fra ricchi borghesi annoiati, che ha come punto di partenza la scomparsa di una rampolla infelice e come sviluppo la relazione che si crea fra la sua migliore amica e il suo ex fidanzato. Regolarmente incluso nelle liste dei migliori film della storia del cinema della rivista Sight and Sound (si tratta del più autorevole sondaggio fra critici a livello internazionale): nel 1962 si piazzò addirittura al secondo posto, dopo soli due anni dalla sua uscita, nel 1972 al quinto e nel 1982 al settimo. Che lo si accetti o meno, si tratta di un film che segnò una data nella storia del cinema e che, alla sua presentazione al festival di Cannes, suscitò una battaglia nella critica paragonabile per certi versi alla "battaglia di Ernani" che accolse l'opera di Victor Hugo. Il pubblico del festival fischiò sonoramente il film, sconcertato dallo stile di tipo fenomenologico e dalle volute lentezze della narrazione; molti intellettuali e registi, fra cui Rossellini, difesero con accanimento l'opera di Antonioni, portandola rapidamente alle stelle. Dopo cinquant'anni, il film si fa ancora ammirare per il rigore della scrittura cinematografica: a livello drammaturgico è un'opera innovatrice che getta le basi del cinema moderno (un pò come Viaggio in Italia di Rossellini), perchè la narrazione non ricorre ad eventi di particolare rilievo drammatico o ad una successione di colpi di scena prestabiliti, ma sembra cogliere la realtà nel suo farsi e nel successivo disfarsi, trasmettendo un messaggio pessimistico sulla solitudine umana e la deriva affettiva degli esseri più fragili e tormentati. Figurativamente è un'opera di primissimo ordine, con una composizione dell'immagine estremamente curata e una notevole precisione nell'uso dei movimenti di macchina: si può parlare di una vera e propria genialità visiva del regista nella valorizzazione degli elementi paesaggistici, scenografici ed architettonici e nella sapiente interazione dei personaggi con l'ambiente. Devo riconoscere, però, che nelle precedenti visioni avevo sempre avuto qualche problema con certe battute di dialogo, che trovavo un pò forzate e artificiose, soprattutto da parte della Vitti, che talvolta tende ad assumere un'aria un pò troppo solenne (e infatti, in una delle ultime scene, il personaggio di Patrizia, interpretato da Esmeralda Ruspoli, le dice che: "Non c'è mai da augurarsi di essere melodrammatici"). Tuttavia, come sostiene anche Aldo Tassone nella sua monografia sul regista, l'aspetto pittorico-figurativo è così determinante nel cinema di Antonioni che questi dialoghi un pò sentenziosi tendono ad assumere ben poca importanza; sono piccoli residui intellettualistici, ma in definitiva non me la sentirei di addebitarli troppo come difetti (in fondo, anche nella Dolce vita di Fellini, capolavoro uscito in contemporanea all'Avventura, si potrebbe trovare lo stesso difetto in alcune sequenze, ad esempio nella scenata in macchina fra Mastroianni ed Yvonne Furneaux, dove le battute si fanno inutilmente letterarie, ma questo non sminuisce minimamente la straordinaria riuscita dell'affresco felliniano). In conclusione, il cast: la Vitti è alla sua prima interpretazione da protagonista in un film e vi apporta una sensibilità e un fascino che meritano comunque di essere apprezzati ed applauditi, nonostante quanto detto prima, Ferzetti è enigmatico e spigoloso al punto giusto e, fra i caratteristi, spiccano Lea Massari e le altre donne, Dominique Blanchar ed Esmeralda Ruspoli. Eccellente la fotografia di Scavarda e molto belle le musiche di Giovanni Fusco.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta