Regia di Alan Rudolph vedi scheda film
Una dichiarazione spontanea (quella di Cynthia Kellogg/D.Moore al detective J.Woods/H.Keitel) che non regge il peso delle sue contraddizioni rispecchia, nel suo piccolo, la penosa debolezza della sceneggiatura, tutta incentrata sulla ricostruzione, tramite svariate analessi, del rapporto geneticamente impossibile fra una certa Joyce (G.Headly) e suo marito James Urbanski (B.Willis con i capelli), onde, su quest’ultima, scaricare la responsabilità di un duplice omicidio. Superfluo dedicarsi a smontare pezzo per pezzo lo script. Basti pensare che già dal racconto di Cynthia (ovvero quello “studiato” e reso, ribadisco, spontaneamente) emergevano tali e tanti elementi a suo carico (rispetto ad una pluralità di fattispecie criminose) da far impallidire un qualsiasi difensore (per la scelta di non avvalersi del sacrosanto diritto al silenzio o, quanto meno, per quella di non aver voluto concordare, con un difensore, le proprie dichiarazioni), il quale, nondimeno, è sempre stato tenuto a debita distanza dalla dichiarante, convinta (ma sul serio?) di poter comunque riuscire ad apparire candida ed immacolata agli occhi dei due detective. Unbelievable. E il finale, manco a dirlo (stante le premesse or ora riferite) non appaga neanche un po’.
Thriller, dunque, senza capo né coda; così opaco e dalla trama prevedibile da non destare interesse alcuno. Da evitare.
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