Regia di Tod Browning vedi scheda film
Insieme al contemporaneo Frankenstein, uno dei classici del cinema horror agli albori del sonoro: le intenzioni originali dell'Universal erano quelle di una produzione in grande stile, con un adattamento sontuoso ed a largo budget del romanzo di Stoker. Il crack borsistico del 1929 e la depressione economica che ne seguì convinsero la major a ripiegare sulla versione teatrale del romanzo adattata da Hamilton Deane e John L. Balderston, che a partire dal 1927 aveva sbancato i botteghini di Broadway grazie all'interpretazione trascinante dell'ungherese Bela Lugosi. Browning, inizialmente, era deciso ad affidare il ruolo di Dracula all'amico Lon Chaney, che però morì alla fine di agosto del 1930 e, dopo aver valutato qualche altro nome (Paul Muni, Conrad Veidt), si convinse finalmente ad offrirla a Lugosi, che evidentemente non aspettava altro, visto che, appena firmato il contratto, si occupò addirittura di convincere la vedova di Stoker ad abbassare le pretese economiche per la cessione dei diritti del romanzo all'Universal (che, infatti, scesero dagli iniziali 200000 dollari richiesti ai 60000 definitivi). Browning, però, già colpito intimamente dalla morte dell'amico Chaney, non attraversava un periodo particolarmente felice: la sua dipendenza dall'alcool lo stava riducendo in schiavitù, tanto da costringerlo a ripetute fughe dal set durante le riprese (che l'operatore Karl Freund dovette condurre a termine in più di un'occasione). Questo spiega i numerosi difetti di un film senz'altro epocale, oltre che fondamentale, nella sua struttura tipicamente classica capace di radicarsi con prepotenza nell'immaginario horror del tempo: gli spaventi erano affidati e suscitati dagli sguardi, dalle atmosfere malsane, dall'inquietudine insostenibile della tensione emotiva, dal pathos di una recitazione teatraleggiante quanto si vuole ma indubbiamente efficace nei suoi sviluppi drammaturgici. Tutti elementi da cui il film di Browning pesca a piene mani, traendone i suoi spunti più vitali: Lugosi crea, con l'enfasi ed il magnetismo della sua recitazione, le basi del suo immortale personaggio, il film entra nella storia, l'Universal gongola per gli incassi. Ma Dracula non è un capolavoro, soffre di continue cadute di ritmo, alterna sequenze di sconvolgente e suggestiva finezza visionaria (il viaggio di Renfield in Transilvania, il suo arrivo e la prima notte nel castello del conte Dracula, l'entrata in scena di Van Helsing) ad altre in cui qualche grossolana soluzione narrativa (il personaggio di Lucy) e l'originale impianto teatrale dello script emergono con eccessiva veemenza, frenando la fluidità del racconto e riducendo il montare della tensione. Restano, nello splendore dello straordinario bianco e nero di Karl Freund, le magnifiche scenografie allestite da Charles D. Hall (che aveva esordito dieci anni prima con Il monello di Chaplin) ed il fascino irresistibile di un personaggio leggendario.
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