Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film
L'ultimo film di Hitchcock è un thriller senza troppi acuti. Una trama intricata e una matassa snodata con troppa semplicità caratterizzano COMPLOTTO DI FAMIGLIA. Il maestro del giallo si congeda con la solita tempesta di idee ma meno smalto per "confezionarle" nelle atmosfere a cui ci ha abituati in passato. Comunque da vedere.
Cinquantatreesimo e ultimo lungometraggio diretto da Alfred Hitchcock, COMPLOTTO DI FAMIGLIA ha il valore intrinseco di "perla" finale del maestro impareggiabile del thriller. Il film, con il dovuto rispetto, ma non è una "stecca" come si potrebbe pensare, non è all'altezza di capolavori come La Finestra sul Cortile, Psycho o Gli Uccelli, anche se sono in esso rintracciabili molti ingredienti caratteristici e ricorrenti nel cinema del regista britannico (cibo, religione, il passato che riaffiora). La trama (intricata ma sbrogliata rapidamente) è assai semplicistica ed è ncentrata sulle vicende di due coppie di amanti-furfanti. Essi vedono intrecciarsi le proprie vite spinti dalla ricerca di "soldi facili". Blanche (BARBARA HARRIS), truffa le signore benestanti fingendosi una medium mentre George (BRUCE DERN), scaltro tassista, avalla le sue truffe. Poi ci sono il gioiellere Arthur Adamson (WILLIAM DEVANE), dall'oscuro passato e la misteriosa Fran (la KAREN BLACK che con l'episodio finale di TRILOGIA DEL TERRORE sottrasse sonno a parecchie notti della mia infanzia). Abituati a ben altro genere di coupe de théatre e perfetti puzzle hitchcockiani, gli estimatori del regista sono costretti ad accontentarsi di qualche "forzatura" negli incastri, indizi raccolti con insolita casualità (ad esempio un guardiano di cimitero che senza essere interpellato effettua importantissime rivelazioni a George mentre egli è intento ad osservare alcune lapidi). COMPLOTTO DI FAMIGLIA è un film meno cupo e più colorato dei precedenti e grazie alla Harris (la madre di Jodie Foster in TUTTO ACCADDE UN VENERDI), divertentissima, anche se, a mio giudizio, troppo teatrale, riesce a mescolare gag da commedia con il thriller. Non mancano le scene drammatiche durante le quali scappa un sorriso allo spettatore (Memorabile nell'ottica di questo mix, la scena in cui la Mustang di George è costretta ad una disperata discesa senza freni lungo la scarpata). Ci sarà, certamente, chi equiparerà questo film agli altri del regista, in preda forse ad un eccesso di stima o sotto gli influssi di un misterioso "effetto placebo" cinematografico. Io mi limito a salutare il Maestro del noir con la massima spontaneità e non senza ringraziamenti per ciò che ha dato al cinema. Ho letto di un Hitchcock che effettuava i suoi spostamenti sul set su una Cadillac riadattata alle circostanze e lo immagino lì, con la sua grande passione e l'immensa cura per i dettagli. Complotto di famiglia, in fondo è un sipario che cala e lo fa dopo un ammiccamento esplicito (e non solo) rivolto allo spettatore dalla Harris. «Di strizzate d'occhio metaforicamente complici con lo spettatore il cinema di Hitchcock è pieno, ma mai la cosa era stata esplicita a livello gestuale di immagine» scriverà Giorgio Simonelli. Considero comunque questo film da vedere, come l'ultimo capitolo di un libro che abbiamo amato; quello oltre la risoluzione degli eventi, che introduce al saluto. Nel film è presente un cameo (abitudine di Hitchcock) del regista, dietro la porta a vetri dell'ufficio anagrafe s'intravede l'ombra del suo profilo, così come un filo d'ombra, che è solo un contrasto della luce, si posa su questo film senza nulla togliere all'accecante luminosità di tutto il resto.
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