Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film
Blanche Tyler è una medium illusoria. Viene ingaggiata da una ricca signora di ritrovare suo nipote, unico erede dei possedimenti di famiglia per diecimila dollari. Blanche si farà aiutare dal fidanzato George, tassista squattrinato, a ritrovare l’erede perduto.
L’ultima opera di Alfred Hitchcock è un thriller con crisi d’identità. Non manca infatti di sfociare nella commedia in più occasioni, regalando alla trama una vena meno angusta del solito, meno oscura, finendo per darle un tono troppo leggero e poco credibile.
Per quanto l’ansia si palesi in diverse circostanze, è chiaro fin da subito che la trama si svolge utilizzando due linee parallele, quella della commedia, che riguarda le giocose vicissitudini della spiritista Blanche e dell’amato George, brillantemente interpretati da Barbara Harris e Bruce Dern, e quella del thriller che in realtà è più un giallo, di quelli belli che si facevano una volta, in cui ci viene mostrata la “brillante” vita del gioielliere malvivente Arthur Adamson e della sua consorte Fran, a cui prestano il volto William Devane e la splendida Karen Black.
Con questa doppia e intrigante narrazione, elemento che riesce a dare ritmo alla pellicola che in certi momenti pecca di noia, Hitchcock prova ad accontentare tutti senza il timore, non poco fondato, di scontentare i più. Per quanto già altri film del regista possedessero quel pizzico di ironia, in questo caso è fin troppo marcata e finisce per seppellire quel tocco di mistero sparso qui e là senza nemmeno lavorarci su troppo.
Se nelle antecedenti pellicole, il pericolo era dietro l’angolo, con indizi disseminati mai facili da scoprire, e intuizioni mai palesate ma pronte all’occhio dei cinefili più abili, quest’ultima opera è, passatemi il termine, più scialba. Quasi priva del mordente che ha sempre caratterizzato le pellicole di Hitchcock e che da sempre è stato il fiore all’occhiello della filmografia del regista, qui si eclissa a favore di un film che sembra fare l’occhiolino alle commedie in auge nel ventennio che va dalla fine degli anni ’50 alla prima metà degli anni ’70, quasi a voler dimostrare capacità finora mai mostrare.
Complotto di famiglia ha il mero compito di essere l’ultimo film dell’amato regista e lo si guarda con affetto e un pizzico di nostalgia ma è ampiamente lontano dalle pellicole che hanno caratterizzato la sua immensa filmografia.
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