Regia di Joel Coen vedi scheda film
“Hudsucker ora è un'opera d'arte astratta sul Madison Avenue. Quello che ci serve è un nuovo presidente, uno che incuta il panico agli azionisti.”
“Una marionetta!”
“Un procuratore!”
“Una pedina!”
“Certo, certo, certo... Un idiota qualunque. Uno che si possa manovrare.”
New York, fine del 1958: Waring Hudsucker (Charles Durning), magnate di una grossa azienda in inarrestabile ascesa, sperimenta una fase di discesa piuttosto rapida, buttandosi all'improvviso dal 44° piano durante un consiglio d'amministrazione.
Il consiglio non va più di tanto nel panico: l'importante è imbastire con abilità un'operazione di aggiotaggio spaventando gli azionisti della ditta e facendo così crollare il valore dei pacchetti azionari, di modo che possano essere riacquistati dai membri stessi del consiglio. Certo, serve un idiota come temporaneo delegato, ma il cinico amministratore Sid Mussburger (Paul Newman) lo individua facilmente in Norville Barnes (Tim Robbins), giovanotto dall'aria un po' tonta, nativo di Muncie nell'Indiana e appena assunto dalla Hudsucker Industries in qualità di smistatore di carte nei gironi infernali del seminterrato.
Il piano di Mussburger funziona alla grande, almeno da principio, grazie anche all'intrusione della giovane e ambiziosa giornalista Amy Archer (Jennifer Jason Leigh), forte di un Premio Pulitzer e di un'autorevolezza indiscutibile. Amy riesce, senza farsi riconoscere, a farsi assumere dall'ingenuo Barnes come segretaria personale e dunque a scrivere dettagliati articoli sull'imbecille a capo della Hudsucker Industries.
Non era previsto, però, che il buon Norville avesse in mente da tempo un'idea niente male: un aggeggio circolare di plastica, riempito di sabbia. Un giochetto per bambini...
Nel 1994 i fratelli Coen si giocano ancora una carta nuova con “Mister Hula Hoop”, commedia studiata per essere un lavoro di alto profilo e che si rivelò un clamoroso fiasco al box-office. Scritto diversi anni prima insieme al regista Sam Raimi, è un film che omaggia, decostruendo e ricostruendo, le commedie americane degli anni '40 e '50, di cui recupera ambientazioni, tematiche e sofisticazione formale, obiettivi a cui i Coen possono giungere senza problemi grazie ad un talento registico ormai splendidamente affinato.
Ciò che fallisce parzialmente in “Mister Hula Hoop”, per quanto possa sembrare paradossale, è la contaminazione personale del genere preso in esame, processo in cui i due sono di consueto dei maestri: se si fa eccezione per una prima parte molto promettente e sospinta, in cui brilla in modo particolare la ricostruzione quasi “Brazil”-esca dei distretti sotterranei della Hudsucker Industries, nella seconda ora il film si sgonfia assai, perdendosi nella prolissità, mostrando la prevedibilità della satira sul capitalismo e vedendo scemare il delizioso humour nero dei Coen. La rivisitazione della screwball comedy classica ha un bell'impatto estetico, è piacevole e tutto quanto, ma graffia meno del previsto e del dovuto.
Contribuisce, comunque, a rendere la visione più che godibile una bella schiera di attori di un certo livello assortiti in maniera curiosa, con un buon Robbins, una sorprendente Leigh in un ruolo per lei inconsueto e un feroce Newman in una delle ultime cartucce sparate in carriera; non ultime le comparsate (o poco più, in alcuni casi) dei feticci Steve Buscemi e John Goodman e dei piccoli grandi miti Bruce Campbell e Bill Cosby.
Film in genere ritenuto “minore” dei fratelli cineasti da St. Louis Park, “Mister Hula Hoop” riesce solo a tratti a unire il carattere all'eleganza, risultando così “tiepido” e non molto coinvolgente. Ma i due si riscatteranno alla grande di lì a poco...
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