Regia di David Fincher vedi scheda film
La prima considerazione da fare su "Alien 3" è che quando una serie di grande successo giunge al terzo capitolo c'è l'altissimo rischio di sfornare una patacca invereconda, basta citare esempi che conosco come "Lo squalo 3" o "Rocky III" e altri che non conosco come "Il padrino parte III", in questo caso invece l'operazione ha il saporaccio di una occasione mancata e dello spreco del talento di grandi professionisti sporcato da scelte ignobili della casa ptoduttrice.
L'idea originale era quella di mostrare il pianeta d'origine degli alieni e evidenziare come le loro capacità intellettive fossero superiori a quelle mostrate fino ad allora, questo nucleo tematico fu ben presto scartato per esigenze di budget troppo elevate ma verrà poi sviluppato in "Prometheus".
Il secondo script fu incentrato sul naufragio della navetta Sulaco a causa di un incendio su di un pianeta popolato da una comunità di monaci in tonaca che soccorrono Ripley, l'unica a salvarsi dei quattro personaggi scampati all'assalto degli alieni nel film precedente.
La scelta di far morire Newt e Hicks che avevano conquistato gli spettatori fu il primo errore dei realizzatori in uno script che si rivelerà il punto debole di tutta la baracca, la storia verrà poi perfezionata da Vince Ward che spostò il luogo di azione in un penitenziario spaziale ex miniera di estrazioni dove sono ormai rimasti circa venticinque detenuti caratterizzati dal cromosoma doppio Y, Ripley si ritrova quindi unica femmina fra una schiera di maniaci stupratori e delinquenti che da anni non vedono una donna ed ovviamente il suo atterraggio di fortuna è dovuto ad un intruso nella navicella che è ormai la dannazzione della sua esistenza.
Questa la trama essenziale di "Alien III" che segna l'esordio dietro la macchina da presa del talentoso David Fincher: il giovane regista mettrà in mostra delle capacità notevoli di ripresa ma sarà stritolato dai produttori tanto da abbandonare la nave prima che il film venisse montato.
Le variazioni sul tema originale hanno riportato la storia alle atmosfere del primo capitolo: l'inizio descrive con precisione la vita su Fury 161 dove i detenuti sono in pratica mantenuti in vita da una forte carica religiosa, uno spunto che evidentemente è rimasto inalterato dalla seconda stesura dello script ma va via via scemando nel corso della storia che nei due terzi conclusivi è completamente incentrata sulla caccia all'alien che i detenuti attuano per i labirintici cunicoli del loro pianeta carcere, come nel primo film il mostro si muove prevalantemente per i condotti di areazioe ma è una ricerca reciproca fra lui e le sue papabili prede che sono si impauriti ma pur sempre delinquenti e quindi non estranei al pericolo, il vero problema è quello di essere privi di ogni genere di arma se non qualche ascia e pochi coltelli.
Questa scelta si deve a Sigourney Weaver, anche produttrice, che ha voluto imporre questa mancanza di armi sofisticate perchè nella vita è una convinta sostenitrice della non violenza e per differenziare questa terza avventura dal film di Cameron ma nonostante la sua prova molto convincente (soprattutto nella versione americana con la sua voce originale che caratterizza una Ripley combattiva e mai doma al contrario della piagnucolante intonazione fornita da Ada Maria Serra Zanetti) il film cade a pezzi cammin facendo, si ricorda più per la bella schiera di caratteristi eletti per una volta a protagonisti e come detto il preambolo che si conclude con la frase di Ripley "It's here!" è più bello e interessante di tutto il resto.
Io ho avuto modo di vedere l'edizione speciale in lingua originale della durata di due ore e mezzo e l'ho confrontata poi con quella uscita al cinema più corta di quasi quaranta minuti: la versione lunga miglora sicuramente il finale imposto dalla produzione cancellando la comparsa della regina in stato embrionale durante il sacrificio di Ripley ma per il resto allunga il brodo e le sequenze sono migliorate ma in maniera non troppo significativa.
Sono due le sequenze che più si notano rispetto alla versione uscita in sala: Alien non ha contaminato un cane che quindi scompare dal montaggio ma si insinua in una mucca che verrà poi appesa al gancio nella macelleria e dalla quale il parassita farà la sua triste comparsa con una animazione orrenda ottenuta mediante un burattino mosso da una decina di fili su sfondo blu, la meccanicità del pupazzo è imbarazzante e l'alone luminoso che lo circonda succhia via l'umana impressione destata dall'attore celato nei panni dell'alieno quando entra in azione ma anche l'efficace meccanismo nei primi piani ravvicinati della bocca del mostro, a mio avviso questa pessima animazione dell'Alien nelle inquadrature ampie è la pecca più grossa del film.
L'altra sequenza ripristina la sottotrama del personaggio interpretato da Paul McGann: in pratica Golic scompariva dal film lasciando intuire che fosse morto nell'incendio o assalito da Alien in infermeria, in realtà c'è una lunga sequenza in cui i detenuti organizzano un piano per imprigionare Alien in un deposito di esplosivi ma Golic ha intravisto nel mostro una specie di angelo della morte (riemerge anche la sottotrama religiosa) e lo libera nuovamente per poter entrare in contatto con lui.
La sequenza della cattura fu disprezzata dal pubblico all'anteprima, forse perchè ripete in copia carbone quella finale per indirizzare l'alieno nella fornace ma a mio avviso questa lunga sequenza reintegrata è migliore di quella finale perchè composta da riprese più chiare e da frame più lunghi che lo spettatore può seguire con meno sforzo, a dire il vero in entrambi i casi la suspense si respira a malapena perchè come diceva mastro Hitch è più gustosa quando tu che osservi sei al corrente del pericolo ma non i personaggi, è per questo che la prima mezz'ora abbondante del film è di gran lunga la migliore: i personaggi non sanno ancora della presenza del mostro e su ogni dialogo incombe un pericolo, fra le altre cose due attori strepitosi come Charles Dance e Brian Glover scompaiono troppo presto e le riflessioni da li in poi si concentrano soprattutto sulla protagonista e il suo ambiguo rapporto con il nero devoto all'onnipotente che tutto vede Charles S. Dutton: Dillon ha uno sguardo illuminato da un bagliore di follia in fondo alle pupille e non ha niente in comune con il mite vicino di casa in "The Fortune of Cooky" e questo è un merito dell'attore.
Il rapporto che preferisco è comunque quello fra il dottor Clemecne (Dance) e Ripley: c'è un grande affiatamento fra i due attori e Fincher li riprende con piacevole complicità, i dialoghi sono molto profondi fra due personaggi sfiniti dalla vita e dall'universo, lui confinato a far il medico fra stupratori e banditi in un pianeta prigione e lei alle prese con mostri dall'alito all'acido in giro per il cosmo da una cinquantina d'anni........sarà il caso di fare del sano e salutare sesso con un po' di semtimento per una volta.
Le sequenze della morte di Clemence ed Andrews son quindi le migliori per costruzione e rapidità, la prima frammentata ottimamente dalle riprese taglienti di Fincher fra il materasso che sprofonda, gli occhi di Golic che si spalancano e un'ombra scura che compare, perfetta per tempismo la seconda con lo scetticismo dei detenuti spazzato via in un istante dalla toccata e fuga di Alien.
L'ultimo aspetto da evidenziare è la scenografia per niente fantascentifica di questa prigione che ha i muri insanguinati di un mattatoio ed è claustrofobica come una segreta.
Il film fu sputazzato amaramente in America e i fans accaniti della saga vorrebbero che non fosse mai stato fatto, in Europa invece andò un po' meglio ma non è assolutamente ai livelli dei due potentissimi capitoli precedenti.
Sigourney è comunque una bella donna anche rasata a zero e recita con una disinvoltura fantastica anche quando deve dialogare con i resti dell'androide Bishop per scoprire cosa bolle nella sua pentola.
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