Regia di Roberto Rossellini vedi scheda film
Rossellini resterà nella storia, a torto o a ragione, e a prescindere dal valore degli altri suoi film, come l'autore di "Roma, città aperta" (1945) e di "Paisà" (1946). Su quest'ultimo film, uno dei capolavori della cinematografia mondiale, non è che siano da spendere troppe parole, essendo il suo valore d'opera d'arte e di documento storico pressoché incommensurabile. Va rilevato, però, che l'apparente improvvisazione è totalmente voluta da parte del regista, che si poté avvalere, se si considerano i tempi in cui il film fu girato, di mezzi notevoli e di tecnici di grande valore (l'operatore Otello Martelli era uno dei migliori sulla piazza). Si nota, inoltre, la bravura di Rossellini nel dirigere le scene d'azione, come si vede in particolare nell'ultimo segmento del film, quello ambientato sul delta del Po, abilità, questa, ottenuta grazie alle prime esperienze registiche, tutte effettuate nel cinema bellico anche un po' di propaganda, come "Un pilota ritorna" e "La nave bianca", entrambi del 1942. Quello che però più interessa il regista, uno dei due grandi maestri del neorealismo italiano (l'altro è, ovviamente, De Sica), è quanto sta intorno l'azione, il contorno, le distruzioni, ma anche le miserie, materiali e morali, causate dalla guerra, nei confronti delle quali la trama dei singoli episodi è puro pretesto: così, il soldato americano, di fronte alle spelonche in cui vive tanta gente, si scorderà degli stivali che il piccolo Pasquale gli ha rubato e la doppia ricerca dell'episodio fiorentino si arresterà di fronte ai cecchinaggi dei fascisti e ai linciaggi dei partigiani. Di fronte a questo, anche l'appello alla fratellanza che serpeggia un po' in tutto il film (e particolarmente evidente negli episodi siciliano ed emiliano) passa in secondo piano. "Paisà" è, a mio parere, un film da rendere bagaglio obbligatorio per tutti gli studenti italiani, al pari della "Divina Commedia" e dei "Promessi sposi". La mia personale preferenza va al quarto episodio e all'ultimo (il fiorentino e il polesinate), ma è il mosaico composto da tutti i segmenti a formare quel capolavoro che è "Paisà".
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