Regia di Luigi Magni vedi scheda film
Roma, 1825: due carbonari tentano maldestramente di uccidere una spia, ma vengono catturati e giustiziati; intanto il misterioso Pasquino scrive strofe satiriche contro il potere papale. Un film in costume che è anche una parabola politica, in uno stile che sembra quello dei fratelli Taviani virato in commedia: inutili i tentativi generosi ma elitari di sollevare un popolo che si è assuefatto alla servitù e non ha nessuna voglia di fare rivoluzioni, più produttivo cercare di smuovere le coscienze con il riso; amare riflessioni valide anche per l’Italia di oggi, alla quale riporta l’ultima inquadratura. L’intento anticlericale è innegabile (es. nella denuncia dell’usanza di forzare gli ebrei a sentire la messa il sabato), ma non mi sembra sia l’elemento fondamentale. Cast sontuoso, comprendente fra l’altro Manfredi, Tognazzi, Sordi (un po’ macchiettistico nel ruolo di un frate ossessionato dall’idea di convertire a tutti i costi i condannati a morte) e una fulgida Claudia Cardinale. Suggestiva l’ambientazione in una Roma notturna, spettrale e fatiscente, quasi oppressa dal peso dei suoi troppi monumenti.
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