Regia di Luigi Magni vedi scheda film
Probabilmente il miglior film del romanaccio Luigi Magni, a suo tempo risultò originale e oserei dire perfino coraggioso. Parlare in certi termini di Vaticano non era cosa da niente. Per di più, riaprire le ferite della Roma papalina, quella delle esecuzioni gratuite e spietate, dove i cardinali esercitavano un potere esorbitante, deve essere stato abbastanza interessante: di cosa era capace la commedia all’italiana, dio solo lo sa. Il protagonista, Pasquino (quello che scriveva sulle mura giudizi alquanto beffardi su Santa Romana Chiesa), è un personaggio, per dire, privo di in un’aura mitica, proprio perché legato ai codici brillanti del genere e di riflesso alla splendida interpretazione popolaresca di Nino Manfredi (ripeterà il ruolo iconico ne La notte di Pasquino e, in altre forme, in In nome del popolo sovrano sempre di Magni).
Magni crea un mondo a sé, in qualche modo già annunciato dal Rugantino di Garinei e Giovannini (a cui mise mano egli stesso): la commedia storica che si sviluppa dal basso per trattare temi alti, promuovendo una beffarda denuncia sociale (il passato per parlare del presente) e in cui il ruolo della musica va al di là del semplice contributo tecnico (non a caso chiama Armando Trovajoli, che sa intercettare la voce del popolo romano, da gran compositore di musical nostrani qual era). Dopo questo miracolo di sobrietà ed eleganza, Magni non sempre farà segno e tenderà a ripetersi (si ricordano con simpatia nel musical La Tosca e nel più drammatico In nome del Papa Re), ma gli va dato atto di aver battuto una strada personale nel panorama cinematografico italiano. Lodi a Lucia Mirisola (moglie e complice di Magni, costumista e scenografa) e al cast, dalla veemente Claudia Cardinale, con la voce di Rita Savagnone, al rigoroso Enrico Maria Salerno come sbirro di lusso, passando per il gustoso cardinale di Ugo Tognazzi e al memorabile e fulminante frate di Alberto Sordi (curioso che a dar vita ai religiosi siano due leoni della commedia).
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