Regia di John Frankenheimer vedi scheda film
"Dopo tutto, io sono un eroe!", ripete tra sè e sè il capitano Michael J. Lander (Bruce Dern), ex pilota decorato quattro volte ma tornato dal Vietnam con seri disturbi psicologici. Solo, irascibile e convinto che il suo paese lo abbia abbandonato, Lander cade tra le braccia di una giovane terrorista palestinese, Dahlia Iyad (Marthe Keller) che in realtà vuole usarlo per compiere un attentato che sia da mònito per il popolo americano. L'obiettivo è il SuperBowl di Miami, evento che vedrà anche la presenza del Presidente degli Stati Uniti. Il maggiore dei servizi speciali israeliani David Kabakov (Robert Shaw), sulle tracce di Dahlia, intuisce il pericolo e comincia una corsa contro il tempo per evitare lo spettacolare attentato.
Tratto dal romanzo omonimo scritto da Thomas Harris, Black Sunday segna il ritorno di John Frankenheimer al genere che aveva già affrontato con successo negli anni Sessanta, ovvero il thriller (fanta)politico che si confronta con la paranoica attesa di un evento destabilizzante. Pur essendo inferiore ai titoli più significativi diretti dal regista in questo genere, Black Sunday riconferma il talento visivo di Frankenheimer, cineasta come sempre solido nella messa in scena. Un thriller teso e appassionante suddiviso in due parti: una prima parte più cupa e ossessiva, contraddistinta dai preparativi dell'attentato e dall'indagine di Kobakov; una seconda scoppiettante e spettacolare, con il dirigibile della GoodYear utilizzato come trasportatore dell'ordigno che dovrà esplodere nello stadio gremìto. Paradossalmente, confesso che ho preferito la prima soprattutto per i temi latenti che affronta. Da una parte il senso di sconfitta e di abbandono subìto dai reduci di guerra nel proprio paese, che alimenta la follia del capitano Lander. Dall'altra, lo strano rapporto che si instaura tra i tre personaggi principali. Se quello tra Lander e la bella Dahlia è morboso e legato ad una idea di dipendenza, l'uno dall'altro, altrettanto interessante è il rapporto a distanza tra la stessa Dahlia e Kobakov. Il rude maggiore, che nella prima sequenza risparmia la donna senza sapere che era lei a capo di un gruppo terroristico, confessa che forse lo rifarebbe. E quando l'agente americano gli mostra la fotografia della donna, gli dice: "La guardi bene, maggiore Kobakov. Dopo tutto è una sua creatura!", rimarcando la complessità della questione palestinese. Tutti questi aspetti svaniscono un pò nella caotica seconda parte, che tuttavia si lascia apprezzare per il senso dello spettacolo.
Ottimi davvero tutti e tre gli interpreti principali, con un elogio particolare alla bellissima Marthe Keller, che l'anno dopo sarà la Fedora di Billy Wilder e che disegna qui con passione e partecipazione un personaggio senza dubbio difficile. C'è anche spazio per una simpatica frecciatina alla passione sportiva americana numero uno, il football. Lo straniero Kobakov, che inizialmente non sa nemmeno cosa sia il SuperBowl, chiede alle autorità di sospendere la partita. “Annullare il superbowl?" gli risponde incredulo un funzionario, "È la cosa più assurda che abbia mai sentito in vita mia. Si rende conto che sarebbe come annullare il Natale?”
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