Regia di Marcel Carné vedi scheda film
Uno dei film (non il primo, però) che ha contribuito a creare il mito di Jean Gabin, un grande esempio del realismo poetico francese e del pessimismo cosmico che riflette alcune idee dell'esistenzialismo e sembra preludere alla disfatta francese del 1940 di fronte agli eserciti tedeschi. Si può sicuramente dare ragione a Morando Morandini quando dice che si tratta di "un falso capolavoro" (anche se la critica va fatta non al film stesso, bensì ai critici che lo considerarono tale), ma si tratta comunque di un buon film, molto debitore, per la sua riuscita, della bravura degli interpreti, da un Jean Gabin dall'andatura caracollante al punto giusto, al Michel Simon che sa essere al tempo stesso debole e minaccioso, fino ad una Michèle Morgan appena diciottenne. Restano, però, nella memoria anche altri personaggi, come il bandito impaurito, interpretato con faccia cerea da Pierre Brasseur, e il Panama di buon cuore e pochi discorsi di Delmont. E il porto di Le Havre, dove Carné traspose l'azione originariamente (nel romanzo di Pierre Mac Orlan) ambientata a Parigi. La scena dell'agguato a Jean, nella sua concisione, è contemporaneamente efficace, poetica e commovente. (18 novembre 2007)
Un disertore delle truppe coloniali giunge a Le Havre, deciso ad imbarcarsi su una nave per il Venezuela. Una serie di circostanze lo porterà a conoscere la giovane Nelly, a commettere un omicidio e a non poter partire...
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