Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Nick Conklin (Michael Douglas) è un veterano della polizia di New York, anni interi di servizio e un matrimonio fallito alle spalle, parecchie spese da affrontare (in particolare per far studiare i figli) e un'accusa di corruzione da parte della commissione disciplinare (per essersi intascato i soldi di un criminale). Un giorno lui e il suo rampante collega ed amico, Charlie Vincent (Andy Garcia), assistono in un ristorante alla regolazione di conti fra due mafiosi giapponesi e decidono di intervenire, arrestando un pericoloso membro della Yakuza, Sato. Scortatolo ad Osaka per consegnarlo alle autorità giapponesi, i due se lo lasciano sfuggire e da quel momento in poi dovranno collaborare con la sospettosa e diffidente polizia locale per riacciuffarlo. Ma quando proprio Sato ucciderà il suo compagno, per Nick non rimarrà altra scelta se non quella di accettare la sfida e dare la caccia al gangster per vendetta...
D'accordo, d'accordo, sono di parte, lo ammetto, ma come si fa a non adorare quel signore tanto indaffarato nella foto? Ridley, Ridley, passano gli anni e cercano continuamente di affossarti, spesso andando in giro a raccontare che gli unici film belli che hai fatto sono giusto quattro, che ormai campi di rendita e che da un po' di tempo non ne azzecchi più una, come se ci fosse ancora qualcosa da pretendere da un vecchio gagliardo di 78 anni che ha girato alcuni dei più bei film di sempre e che ha impreziosito la storia del cinema con perle, spesso bistrattate, che brillano là dove la memoria della gente si fa più oscura. Mi chiedo se i tuoi detrattori veramente credono a quello che dicono, se veramente sono convinti delle loro squallide affermazioni quando si riempiono la bocca di luoghi comuni triti e ritriti ("Ridley Scott...bah...un abile mestierante, nulla di più", "Per me Scott non è poi tutto sto gran che", "Ci credo che ha fatto dei bei film, con la gente che gli lavorava affianco chiunque sarebbe stato capace", "Chissà come sarebbero stati Blade Runner e Alien se li avesse diretti Cronenberg oppure Carpenter"), oppure lo fanno perché gli fa comodo attaccare un regista che sicuramente ha fatto degli errori, ma per quello che ha mostrato al mondo meriterebbe di essere accostato ai più grandi cineasti di sempre. Uhm, forse mi sto dilungando un po' troppo...ok ok, passiamo a Black Rain che è meglio.
Ecco un film che mostra per l'ennesima volta, come se ce ne fosse bisogno, la duttilità del nostro regista inglese preferito. Black Rain è un poliziesco che mischia abilmente l'ambientazione esotica e disordinata della metropoli giapponese con efficaci scene d'azione e una trama che evolve da film di mafia (in questo caso nipponica) a vero e proprio revenge-movie (anche se il protagonista avrà il buon senso di non farsi trascinare fino in fondo nel vortice di violenza iniziato dal suo nemico). La messa in scena è ricca e dettagliata, merito del lavoro del regista, e la storia è ben condotta per tutte le due ore di durata, senza nessun momento di stanca e senza risvolti frettolosi o mal assemblati: Ridley si prende il suo tempo e alterna sapientemente le scene concitate a quelle di tensione, i momenti di trasporto emotivo alle pause per far riflettere e rendere partecipe della vicenda lo spettatore, grazie anche a una sceneggiatura funzionale alla narrazione e che caratterizza e approfondisce i personaggi, ben interpretati per altro da tutto il cast. Ma la suggestione maggiore arriva dall'incontro-scontro fra due culture agli antipodi, fra due modi di agire diversi anche se tesi a un unico scopo, fra due concezioni etiche impossibli da far convivere; e in questo senso acquista sempre maggiore risalto il rapporto dapprima conflittuale, poi basato sul rispetto e la stima reciproci ed infine l'amicizia fra Nick Conklin e il poliziotto asiatico Masahiro Matsumoto (Ken Takakura). Da questa frequentazione ne gioverà sia Nick, cambiato in meglio e più consapevole dei propri doveri di poliziotto e delle proprie responsabilità di uomo, sia Matsumoto, appagato dall'aver incontrato due uomini superficialmente diversi ma profondamente simili a lui e dall'aver vendicato la morte di uno dei due senza essersi fermato di fronte al volere dei suoi superiori. In questo senso l'ambientazione diventa una colonna portante della partitura condotta da mastro Scott: la città di Osaka appare dapprima dispersiva, labirintica, perfino ostile nella sua smisurata grandezza e popolosità, in cui i due agenti americani si trovano accerchiati da una massa di persone tutte uguali e che parlano una lingua incomprensibile, per poi diventare sempre più intrigante ed attraente ai nostri occhi, portatrice di un'identità affascinante e orgogliosa delle sue tradizioni, aperta agli occhi di chi sa guardare oltre il velo di Maia che cela una cultura forse più crudele della nostra, ma imperniata su valori morali da noi dimenticati (o forse mai conosciuti). L'interpretazione di Michael Douglas è ottima, così come la colonna sonora del camaleontico Hans Zimmer, ma il plauso maggiore va fatto al lavoro ineccepibile del regista, ancora una volta dispensatore di una poetica delle immagini e della luce che non ha eguali, testimone della forza prima che muove l'essenza umana: l'eterno bisogno di sentirsi dei duellanti nei confronti del mondo intero, una costante che accompagna il cinema di Scott fin dal suo esordio e che ha segnato tutta la sua filmografia.
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