Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Con uno stile a metà tra nostalgia e sobrietà, Avati ricostruisce, con Bix, la breve storia artistica ed umana di uno dei più grandi jazzmen bianchi, quella di Leon Bismarck Beiderbecke. Lo fa giustapponendo le tappe più importanti della biografia del trombettista durante gli anni Venti, seguendo Bix (Weeks) dallo Iowa, dove nacque da un famiglia borghese che lo ostacolò perennemente nei suoi propositi, fino alla morte, sopraggiunta a soli 28 anni, quando ormai il delirium tremens causato dall'abuso di alcool aveva distrutto il musicista. In mezzo ci sono tutte le tappe più importanti della carriera di Beiderbecke: gli incontri con Paul Whiteman, Hoagy Carmichael, Joe Venuti e Jean Goldkette e l'ispirazione maledetta della sua esistenza, vissuta in una continua dissonanza tra gli affetti famigliari e la passione artistica. Dopo Noi tre, Avati, ispirato dalla nota passione per il jazz e con l'aiuto del fratello Antonio e del jazzista Lino Patruno, torna a parlare di musica, realizzando un'opera che, nella ricostruzione d'epoca così come nella fluidità narrativa, non ha nulla da invidiare a film del genere come Round midnight, di Tavernier, o Bird, di Eastwood.
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