Regia di Robert De Niro vedi scheda film
Ebbene, quale occasione migliore, in concomitanza dell’uscita italiana del Blu-ray Limited Edition con copie autografate, per parlarvi di Bronx. Opera prima, esordio alla regia del grande Robert De Niro, prodotta dalla sua Tribeca e da lui stesso interpretata assieme a Chazz Palminteri.
A Bronx Tale, questo il titolo originale, sì, una storia, un racconto del Bronx che, da sempre, è stato tristemente ammantato di una nomea tutt’altro che gloriosa e onorevole, cioè quella del quartiere più violento del mondo.
Bronx, sceneggiato dallo stesso Palminteri, che ha a sua volta adattato una considerevole sua pièce teatrale.
Bronx è stato presentato fra gli applausi il 9 Settembre del 1993 al Festival di Venezia, in occasione del Leone d’oro consegnato a Robert De Niro.
Un film piaciuto talmente tanto che da qualche tempo è stato teatralizzato in un famoso spettacolo di Broadway, co-diretto dallo stesso De Niro assieme al regista Jerry Zaks (Marvin’s Room).
Ma chiariamoci sin da subito. Bronx non è eccezionale ma certamente molto bello, un’opera asciutta, sincera, assai sentita con la quale De Niro, senza strafare, ritagliandosi un centrale ma secondario ruolo d’attore, almeno in termini di minutaggio, ispirandosi al suo mentore cineastico Scorsese, ha deciso di passare dietro la macchina da presa con delicata discrezione, non ambendo a eccessi stilistici troppo appariscenti, allestendo semplicemente un appassionante, vigoroso, didattico ed educativo racconto di formazione.
No, non un capolavoro, ma avercene di film di tale fattura, ponderatezza ed efficace linearità
È il compassato ritratto crudo e autentico ma al contempo romantico e idealistico di un bambino e poi un ragazzo come tanti laddove le pistole hanno il grilletto facile, il regolamento di conti, i traditi codici d’onore mafiosi e i torti, giudicati madornali e imperdonabili, si risolvono a scazzottate e a morti ammazzati nelle barbariche strade ferali e bestiali del sobborgo più malfamato dell’occidente.
Il Bronx, uno dei cinque rioni che compongono, a livello di suddivisione amministrativa, New York, la città dedalica per eccellenza, l’antonomastica metropoli-patria del melting pot. Il Bronx, brutto, sporco e cattivo, situato a nord di Manhattan, che è invece il luccicante quartiere residenziale dei ricchi, della gente raffinata (o che almeno si presume esser tale) e altolocata, dipinta egregiamente e magnificata da Woody Allen in tantissimi suoi film. Cioè, l’esatto opposto appunto del Bronx.
Ove c’è Little Italy, in cui tutt’ora staziona la comunità italoamericana, composta da gente onesta e fervida lavoratrice, sottoproletaria e bottegaia, una comunità di bravi negozianti, di esperti artigiani e persone perbene, ma nel quale è ubicato anche il covo abietto e criminoso dei più spietati assassini gangster della città.
Calogero (Francis Capra da piccolo, Lillo Brancato da adolescente) cresce in quest’ambiente ed è figlio di un brav’uomo, un umile conducente d’autobus, Lorenzo (Robert De Niro).
Un giorno, il bambino assiste a un omicidio. Ma in questo posto vige da tempo immemorabile l’atroce culto dell’omertà. Lui è stato testimone oculare di un grave, turpe misfatto ma sa già, sin dalla sua tenerissima età, che non può confessare il nome del sicario. Nel Bronx bisogna tacere, zittirsi e far finta di non aver visto niente. Per non attirarsi brutti e spiacevolissimi guai.
Cosicché, Calogero sta subito simpatico a Sonny (Chazz Palminteri), il boss elegante ma luciferino che qui, nel Bronx, tutti temono. Nessuno si mette contro Sonny. Esemplificativo, in tal senso, il secco dialogo senza fronzoli tra lui e l’ingenuo, inesperto Calogero:
- È meglio essere amati o mettere paura?
- È una buona domanda. Sono bene tutt’e due, ma è difficile rispondere. Dovendo scegliere, preferisco mettere paura: la paura dura più dell'amore.
Sì, Sonny è un uomo sbagliato, un malavitoso ma diverrà per il piccolo Calogero, paradossalmente, un virile modello esistenziale. Da cui carpire perle di saggezza. Un consigliere fidato, un pedagogo, ché la vita qui è lurida, non fa sconti e non si sa quanto possa pagare, tutto sommato, l’integerrima condotta morale.
Quindi Calogero, nonostante gli avvertimenti del padre, che invece vuole istradarlo al lavoro e alla purezza, al quieto vivere sereno e allo stesso tempo forse noioso e ripetitivo, cresce, seguendo gli assurdi ma leali insegnamenti di Sonny. Scisso duramente nell’anima, ancora sua da farsi, se scegliere un percorso di vita normale o abdicare e affiliarsi alla criminalità. Che, di primo acchito, potrebbe apparire una strada irta e pericolosa ma che, in un luogo come questo, pare che sia l’unica maniera per affermare la propria personalità, lo stratagemma più svelto per non farsi schiacciare e strozzare dai balordi.
Sonny, in realtà, non vuole affatto che Calogero diventi come lui. Anzi, tutt’altro. Vedendolo e trattandolo come un figlio caro, desidera soltanto aiutarlo a non farsi fregare da nessuno affinché poi, una volta uomo e maturo, non possa aver rimpianti. Al fine che acquisisca e metabolizzi fin dapprincipio una giusta visione delle cose... una visione cinica ma al contempo realistica e probabilmente perfino più soddisfacente, più romanticamente appagante. Una visione scevra di squallidi valori soffocanti e deleteri che Sonny reputa falsi, ipocriti e menzogneri.
Come andrà a finire?
Bronx, un film di due ore e un minuto, con la nostalgica, atmosferica fotografia di Reynaldo Villalobos, recitato da tutti gli attori in modo perfetto, impeccabile, senz’alcuna sbavatura, compreso Joe Pesci nel suo brevissimo ma incisivamente sigillante cammeo.
Ove la parte del leone, nel ruolo per cui sarà ricordato dopo la morte, la fa Chazz Palminteri. Carismatico, un macho dal cipiglio severo ma dal cuore tenero d’argilla.
Questo è il suo film. Il suo must attoriale.
Bronx, ladies and gentleman, un signor film.
di Stefano Falotico
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