Regia di Wim Wenders vedi scheda film
Di sicuro questo film non può essere liquidato semplicemente come la trasposizione cinematografica del "Wilhelm Meister" di Goethe. Vi è sicuramente, alla base, il testo goethiano, ma come sedimentato nelle teste di Wenders e di Handke, che hanno scritto la sceneggiatura con una loro idea di cinema. Si tratta di un bel film, al di là delle miriadi di interpretazioni che se ne possono dare. I personaggi si muovono sulla scena come in un romanzo, come spinti da una forza superiore, che è poi quella del narratore, che è poi, probabilmente, il protagonista stesso. E forse il viaggio iniziatico, che però non è un vero viaggio formativo, si svolge soltanto all'interno della sua testa - che se fosse un viaggio vero sarebbe incompleto e mutilo - per portarlo a concludere, sulla scorta delle esperienze vissute e delle testimonianze raccolte, che tra arte e vita vi è un abisso invalicabile. Per fortuna molto lontano dagli svolazzamenti angelici dei film a cavallo tra gli anni ottanta e novanta, qui Wenders ha moltissimo da dire e lo dice in una maniera affascinante, che fa sentire bene lo spettatore, lasciato libero di spaziare fra i tanti spunti e le molteplici interpretazioni possibili degli elementi forniti, dallo sceneggiatore ma ancor più dal regista, anche attraverso una tecnica cinematografica matura e consapevole dei propri mezzi. Quello che il cinema dovrebbe sempre essere. (6 gennaio 2008)
Un giovane aspirante scrittore tedesco parte da casa per compiere un viaggio (per la cronaca, da Glückstadt a Bonn), allo scopo di favorire la propria vocazione di scrittore. Lungo la strada, incontra vari personaggi, poi li perde e si ritrova al punto di partenza.
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