Regia di Wim Wenders vedi scheda film
Continua il suo volo, iniziato nell’ultima sequenza di Alice in den Städten, la macchina da presa di Wim Wenders, ancora libera dalla narrazione. Poi una finestra, dei pugni, il sangue. Qualcosa si infrange, dentro. I Troggs sul giradischi. L’inizio di una nuova storia.
Verdi paesaggi/spiagge bianche, il movimento di una bicicletta, Wilhelm seduto davanti al mare, flussi di coscienza e scrittura.
Libri da leggere in treno, i pensieri sovraimpressi alle immagini, gli occhi di Nastassja, dolci e curiosi, passaggi mentali, rotaie e stazioni.
Sguardi casuali e incontri, possibili racconti, il suono di un’armonica, il desiderio di conoscerti ancora prima di sapere chi sei.
Davanti ad un fuoco, seduti a parlare, solitudine e filosofia, lenti esistenzialismi, una televisione soffocata in una busta di plastica trasparente, nessuna trasmissione, le anime morte della Germania.
Passeggiate nella memoria, il pianosequenza dei ricordi e delle ferite di un popolo, sogni raccontati in una stanza con grandi finestre, le tonalità grigie e blu del cielo riflesse in un fiume.
Architetture urbane, cemento, spazi vuoti - nell’appartamento Wilhelm batte i tasti della macchina da scrivere, Therese parla mentre sta stirando alcuni vestiti, un monologo mascherato da dialogo, incomprensioni, improvvise violenze fisiche, le reciproche accuse, i silenzi che non portano da nessuna parte.
Un falso movimento, quello del cinema, non della vita, fluida e confusa, da cogliere con una penna su un quaderno o con una macchina da presa.
Prima di perdersi, una volta per tutte.
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