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Film blu

Regia di Krzysztof Kieslowski vedi scheda film

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La recensione su Film blu

di steno79
9 stelle

Film d’esordio della Trilogia sui colori della bandiera francese e sui concetti di “Liberté, egalité, fraternité”. All’epoca vinse un Leone d’oro a Venezia e svariati riconoscimenti per la Binoche, dalla Coppa Volpi al César, ma l’accoglienza della critica non fu unanime. Rivisto oggi, regge ancora molto bene e riesce praticamente ad eguagliare, in termini di magia cinematografica, gli episodi più belli del Decalogo e il Film Rosso che rimarrà il testamento del regista. La trama segue le vicende di Julie dopo una tragedia familiare che vede la morte del marito compositore e della figlia in un incidente automobilistico, e la conseguente elaborazione del lutto. Per Julie l’esistenza sembra improvvisamente congelarsi, perdere il proprio senso, anche se alcuni incontri casuali con un assistente del marito che la ama, con una prostituta, con l’anziana madre e con una donna incinta che aveva una relazione con il coniuge le daranno gradualmente la misura di una “possibile rinascita”. Kieslowski ci parla di dolore e smarrimento esistenziale con uno stile rarefatto, elusivo ed ellittico che procede per brevi sequenze e prevede quasi sempre la presenza della protagonista in scena. Juliette Binoche ripaga con quella che resta forse la sua migliore performance d’attrice, un’interpretazione estremamente focalizzata sul personaggio, un lavoro di sottrazione e di cesello che la rende molto credibile anche nei numerosi primi piani che le dedica il regista. A livello formale resta affascinante l’utilizzo inedito del dettaglio, come la zolletta di zucchero che assorbe il caffè in primissimo piano, mentre il frequente ricorso ad elementi scenografici o ad un’illuminazione caratterizzata da tonalità blu, soprattutto nelle scene in piscina (che fanno quasi pensare a “Il bacio della pantera” di Jacques Tourneur), non scade nell’estetismo. E naturalmente non si può non citare la musica di Zbigniew Preisner, giudicata da molti enfatica e ridondante, ma secondo me comunque insostituibile poiché si fa portatrice di significato, soprattutto nell’emozionante fantasmagoria finale, accompagnata dal coro che cita un brano della Lettera di San Paolo ai Corinzi: un finale davvero bellissimo, una vera apoteosi per una pellicola fra le più intense ed enigmatiche degli anni ’90. Il valore della libertà, inteso in un senso individuale e non politico-sociale, nonché della liberazione dalle catene di un dolore soffocante e distruttivo si associa ad una ricerca personale che nel finale sfocia perfino nella possibilità della trascendenza: Kieslowski porta avanti il suo discorso con una coerenza inflessibile e riesce a lasciare in ombra qualche episodio meno incisivo, come quello di Julie che va a trovare la vicina di casa al locale notturno. Fra gli attori secondari si rivede con piacere la grande Emmanuelle Riva nel breve ruolo della madre, nonché il belga Philippe Volter, che già era apparso ne “La doppia vita di Veronica”, nel ruolo dell’agente immobiliare.

Voto 9/10  

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