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Ritorno a Tamakwa - Un'estate indiana

Regia di Mike Bender vedi scheda film

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La recensione su Ritorno a Tamakwa - Un'estate indiana

di degoffro
4 stelle

Al suo secondo film dopo “Oltre il ponte”, l’attore, regista e sceneggiatore Mike Binder, qui in Italia conosciuto più che altro per “Litigi d’amore” con Kevin Costner e “Reign over me” con Adam Sandler, scrive e dirige una commedia venata di malinconia, sulla falsariga de “Il grande freddo”. Protagonisti del film sono infatti otto amici che decidono di trascorrere una settimana al campo estivo di Tamakwa, a distanza di venti anni dall’ultima volta, esattamente come quando erano adolescenti. Ricordi del primo bacio con l’apparecchio o della prima erezione, rimpianti, chiacchiere divorando burro di arachidi, confessioni davanti a un falò, confronti serrati anche sul ring con i guantoni da boxe, scherzi infantili, balli dell’ultima sera, possibili tradimenti e nuovi amori. Con la spiacevole sorpresa che il campo di Tamakwa rischia di chiudere dopo oltre 40 anni di splendida attività. Prodotto dalla Disney, il film di Binder è un’operazione nostalgia piuttosto convenzionale e prevedibile. I personaggi dei giovani protagonisti sono stereotipati quando non banali, gli intrecci narrativi telefonati o superflui (l’episodio del passato sulla guida di colore che il capo del campo ha preferito allontanare dal centro estivo per evitargli il disagio di trovarsi da solo tra tutti bianchi si inserisce poco e male nel contesto generale), i dialoghi sono spesso stucchevoli, le scelte di regia non particolarmente originali (scontato contrapporre le immagini iniziali della città con i preparativi dei protagonisti per la partenza in un bianco e nero opaco ai colori caldi e coinvolgenti del campo estivo, per nulla interessanti i flashback sul passato) il finale ultra zuccheroso (la coppia in crisi ritrova l’affinità, la giovane vedova si innamora di un vecchio amico e con lui decide di salvare Tamakwa). E’ invece bello ma sviluppato solo marginalmente il personaggio di zio Lou cui dà volto il bravo Alan Arkin, un uomo che ha fatto dei campi estivi la sua unica ragione di vita e che ora constata con rammarico e dispiacere il fatto che per i ragazzi si tratti di una realtà superata, faticosa e poco invitante. Proprio la sua progressiva mancanza di sintonia con i giovani delle nuove generazioni i cui interessi sembrano andare in ben altre direzioni rispetto alla vita all’aria aperta a contatto con la natura è l’elemento più convincente e sincero del film. Il resto risulta artefatto e risaputo. Discreto il cast di nomi più o meno noti (Diane Lane, Bill Paxton, Kevin Pollack, Elizabeth Perkins, Julie Warner e Vincent Spano), anche se la sensazione è che non sia sfruttato al meglio delle sue possibilità (soprattutto Diane Lane e Kevin Pollack). Piccolo ruolo per il regista Sam Raimi, amico di lunga data di Binder: interpreta Stick, il collaboratore pasticcione di zio Lou. Sono peraltro premonitori i numerosi riferimenti nel film all’Uomo Ragno la cui trasposizione cinematografica sarebbe poi stata diretta proprio da Raimi. Nulla da dire infine sulla bellezza degli scenari naturali (il film è stato girato in un parco naturale dell’Ontario) valorizzati dalla fotografia autunnale di Newton Thomas Sigel.

Voto: 5

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