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La cicala

Regia di Alberto Lattuada vedi scheda film

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La recensione su La cicala

di LorCio
7 stelle

Cosa può il melodramma puro negli anni ottanta, all’alba della lunga serialità televisiva, del lento indebolimento dei generi classici se non in ottica intellettuale, del benessere diffuso? Può tornare alle origini, cioè eccedendo in tutto, fregandosene delle verosimiglianze, giocando con la perversione nei contenuti e con il rinnovamento tecnico nella forma.

 

Lattuada non amava La cicala. Credeva di aver realizzato un filmetto senza lode, arcaico e poco interessante. Ad oggi il film appare come l’unico melodramma possibile per chiudere un discorso, la negazione dell’idillio nostalgico di una provincia da cui scappare subito e al contempo l’annientamento di tutto ciò che di sano ha prodotto la provincia stessa (l’operosità, la famiglia, il matronismo).

 

La cicala è abitato da una cantante fallita e puttanone che svolta sposando un ex commesso viaggiatore che ha fatto i soldi, sua figlia per un po’ repressa e poi cattiva puttana, una ragazzotta sessualmente attiva e perciò emarginata ma sfruttata, svariati camionisti che tra una scopata e l’altra trovano anche il tempo di guidare i camion. Inutile a dire, il sesso in tutte le sue dimensioni (amore, gioia, allegria, morbosità, violenza, possesso, indipendenza) è il centro nevralgico della storia.

 

Senza risultare volgare o sporco, Lattuada rappresenta questa storia d’amore e de cortello con travolgente passionalità, muovendosi leggiadro tra rapidissimi stacchi di montaggio che conferiscono ritmo e veemenza ad un film costruito quasi come se fosse la parodia tragica di un fotoromanzo d’altri tempi, con la fotografia fosca di Danilo Desideri e le musiche da balera di Fred Bongusto.

 

Il film è trascinante, totalmente assurdo nelle sue eccessive esuberanze estetiche e morali e perciò furiosamente affascinante, malato e febbrile sia per i temi che racconta che per come li racconta, senza esclusione di colpi, senza fronzoli, senza un attimo di tregua per prendere fiato e prenderla un po’ a ridere. Memorabile interpretazione di una Virna Lisi ingrassata, sgualcita e disperata con la voce di Carla Boni quando canta.

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