Regia di Nunzio Malasomma vedi scheda film
Un medico viene lasciato dalla moglie immediatamente dopo il matrimonio. Si getta nel lavoro, finendo in un sanatorio di montagna. E proprio lì, un giorno, si ritrova a dover curare due sciatori feriti: la ex moglie, incinta, e il suo nuovo uomo.
Nunzio Malasomma, classe 1894, era attivo nel cinema già ai tempi del muto; da sempre intento in un cinema popolare, il suo raggio d’azione si muove tra commedia (telefoni bianchi, data l’epoca) e melodramma. In questa occasione, naturalmente, ci ritroviamo nella seconda categoria: Acque di primavera – con una sceneggiatura del regista e di Sergio Pugliese – è un’operina dal tasso emotivo strabordante, ma carente in quanto a logica e a originalità. Se la storia è insomma banalotta e prevedibile, quantomeno la messa in scena è sufficientemente curata e la recitazione più che dignitosa: sulla scena compaiono infatti tra gli altri Gino Cervi, Paolo Stoppa, Vanna Vanni, Mariella Lotti, Wanda Capodaglio, Marina Doge, Annibale Betrone e Carlo Lombardi. Un’ottantina di minuti di buoni sentimenti e virtù che sconfigge ogni ingiustizia, con una morale candidamente cristiana dettata se non altro dall’epoca di realizzazione: siamo nel 1942 e nel cinema italiano non c’è posto per un finale differente, per quanto sessista agli occhi di uno spettatore odierno esso possa sembrare. Mestiere, in definitiva, al servizio di una produzione alimentare. 3/10.
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