A essere onesti, a forza di scartabellare settimanalmente serie inedite in Italia è capitato almeno una manciata di volte – facciamo più di tre e meno di otto – di utilizzare perifrasi sulla falsariga di “l’episodio pilota di XYZ è fatto in questo o quel modo e perciò la tal serie è proprio una di quelle per cui è stata pensata codesta rubrica, poffare che appagamento!”. È venuta fuori, la perifrasi, per parlare di prime puntate particolarmente interessanti, intriganti, ben realizzate o fatte apposta per stimolare una fidelizzazione.
Il fatto è che questa serie che si intitola Scavengers Reign, rigonfiamento di un cortometraggio (intitolato solo Scavengers) poi sviluppato per Max dagli stessi autori del materiale originale Joseph Bennett e Charles Huettner, è talmente giusta per l’idea che vorremmo offrire con il VPN – serie inedite in Italia che vale talmente la pena di vedere da desiderare di prendere la cittadinanza USA nonostante i fucili d’assalto in vendita al supermercato – da costringere a riutilizzare un’altra volta la perifrasi, oltretutto aggiungendo almeno un paio di artifizi retorici e/o grafici. In questo caso direi che bastano un avverbio di rinforzo e il maiuscolo di sprone: Scavengers Reign è assolutamente LA serie per cui è stato pensato questo appuntamento. Ed è forse la prima che, con il suo pilota, fa fremere al pensiero che possa essere la serie dell’anno.
La nave merci Demeter 227, in missione spaziale per trovare pianeti colonizzabili è rimasta in orbita mentre sulla superficie rigogliosa del pianeta Vesta sono atterrati, a bordo di altrettante navicelle di salvataggio, diversi sopravvissuti dell’avanscoperta che hanno avuto sorti decisamente altalenanti fra loro. Due sono atterrati contigui in una foresta di funghi giganti e stanno sperimentando con la flora locale, cercando di utilizzarla per alimentare le batteria delle navicelle così da inviare un segnale all’astronave madre e farla atterrare nelle vicinanze.
Un altro, caduto in una foresta e rimasto imprigionato fra i rami di un albero, sta andando comprensibilmente fuori di testa finché non viene approcciato da un geco gigante telepate ed empatico, che sembra nutrirsi dei suoi ricordi/sentimenti ed è in grado di controllare la sua volontà.
Un’altra ancora è atterrata in un campo coltivabile in compagnia di un robot dotato di una IA avanzata – e che, grazie a un innesto con una sostanza nativa del pianeta, sembra stia lentamente prendendo coscienza; il rapporto della colona con il compagno artificiale è lo stesso che c’è alle medie tra una bulla – di quelle violente più a livello psicologico, senza disdegnare l’abuso fisico – e il tizio occhialuto che un giorno molto probabilmente diventerà Andreotti e non dimenticherà NULLA. In mezzo a questo ambiente naturale sconosciuto, in cui gli umani sono gli alieni da cui il pianeta deve proteggersi istintivamente, i superstiti cercano di capire l’approccio migliore per sopravvivere fino all’arrivo dei rinforzi.
La scena muta d’apertura dopo i titoli di testa – ripresa concettualmente dal cortometraggio originale – dura pochi minuti e ti fa pensare al primo essere umano che si è immolato per tutti noi è ha trasformato la sua perversione per i preliminari interspecie e per le mammelle bovine (e oltre), nella scoperta del latte come alimento. Ricordiamolo, non tanto per il latte in sé che è noto per essere un’aberrazione e in un mondo migliore sarebbe solo una categoria di YouPorn; quanto per tutti i suoi incredibili derivati, tra le poche faccende per cui si potrebbe persino accettare l’esistenza di una qualche divinità che in effetti la sa più lunga di tutti.
Il fatto che la serie cominci con queste suggestioni – cosa stanno facendo queste persone su quel pianeta extraterrestre? In questi due mesi da quando sono sbarcati cos’hanno scoperto per riuscire a sopravvivere? E come l’hanno scoperto? Ma soprattutto, la persona che per primo l’ha scoperto ha ottenuto imperitura gloria o gli è stato vietato di avvicinarsi a tutte le scuole dell’infanzia nella zona? – suggerisce una spiccata capacità nella costruzione di un mondo alieno e di una società del futuro a partire dai presupposti giusti. Quelli che scatenano interesse, che affascinano, che vanno a toccare i paradigmi che diamo per scontati e consideriamo come assiomi su cui non vale la pena soffermarsi ulteriormente.
Il pilota di Scavengers Reign sembra un miracoloso mélange tra Miyazaki (nell’inventiva e nel rispetto/timore reverenziale con cui dipinge la natura), Satoshi Kon (nei modi in cui si immerge in realtà parallele e oniriche), e Asimov (nel rapporto che si sta creando tra una delle sopravvissute e il robot). Un ritratto fantascientifico scritto meravigliosamente (senza pipponi né sermoni) e riboccante di creatività, in cui l’uomo assoggetta la natura e la piega ai propri bisogni per rispondere agli utilizzi necessari alla propria sopravvivenza, come succede nella nostra realtà, ma lo fa in una maniera che appare (al momento) meno invasiva e più rispettosa di quanto siamo abituati a sperimentare sicuramente nella vita, ma anche nella fantascienza. Più consapevole. Più intelligente. Anche qui la natura è pericolosa e terrificante, ignota ed enorme. Ma gli esseri umani che la esplorano, pur essendo americani, hanno il buonsenso di non rifare Avatar.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta