Cosa ci fa Robert De Niro in una miniserie argentina, distribuita in America (del Sud e del Nord) dall’affiliata Disney+ Star? Una risposta semplice e banale – ma non falsa: ce l’ha detta l’avvocato stesso del grande attore – è che De Niro ha bisogno di fare gli straordinari, nonostante gli 80 anni da compiere il prossimo agosto, per permettersi un sanguinoso divorzio che si trascina dal 2018. Un’altra risposta, sempre semplice e banale ma ancora una volta non falsa, è che l’episodio pilota di Nada – scritto e diretto, come il resto della miniserie, dalla premiata coppia Mariano Cohn e Gastón Duprat (L’artista, Il cittadino illustre, Finale a sorpresa) – è bastato da solo a convincerlo della bontà del progetto.
Senza contare che, per rimanere coerenti con lo spirito di Nada, chiunque si rifiuti di passare del tempo a Buenos Aires non deve avere tutte le rotelle al posto giusto. La risposta corretta alla domanda “Cosa ci fa Robert De Niro in una miniserie argentina?”, dunque, non può essere ridotta ai minimi termini e deve essere per forza di cose complicata e sfaccettata. Esattamente come il protagonista assoluto di questa miniserie, che ci viene introdotto come un signore ben vestito di una certa età che non è De Niro e che attraversa con la giusta flemma un incrocio trafficato di Buenos Aires prendendosi del salame.
De Niro, invece, interpreta un certo signor Vincent Parisi che, da New York, funge da narratore e presenta il protagonista argentino di Nada come uno dei suoi migliori amici, anche se non lo vede quasi mai. Dice, Parisi, che il nostro è stato un esploratore, un viaggiatore, un hippy, un alcolista, un ex rugbista, un esiliato, un artista. E più di tutto, sotto sotto e anche fuori e tutto intorno, è un vero e proprio dandy. Uno che quando la domestica gli porta per colazione dei dolcetti fatti in casa, ma preparati con l’olio normale invece che con quello di noce di Kukui, un po’ si risente. Il nostro protagonista si chiama Manuel Tamayo Prats ed è un vecchietto che ha le idee particolarmente chiare su tutto e tutti; oltre ad avere discreta fiducia nelle suddette idee, tanto da tenerci a rimarcare alla venditrice di fiori che lo ferma per strada che, a essere del tutto onesti, dio non esiste e dunque non è il caso di tirarlo in ballo solo per ringraziarlo di avere acquistato un mazzetto di viole del pensiero.
Oggi come oggi, se dovessimo proprio avere la necessità di etichettare Manuel, potremmo definirlo come un perfezionista del cibo e un uomo dal gusto esigente e intransigente che sfrutta i suoi talenti per guadagnare il bieco contante appena necessario a mantenere il suo stile di vita impomatato. Dunque lavora come critico gastronomico, dotato della consapevolezza che il suo operato risulti migliore quando stronca senza pietà perché l’insulto è più divertente e piacevole per chi legge, e più interessante per chi scrive. Inoltre sarebbe anche uno scrittore con un contratto in essere; il quale contratto, negli ultimi tre anni, non è stato onorato da una singola pagina pubblicata.
Insomma, e per usare le sue stesse parole, Manuel è ed è stato talmente tante cose che, alla fine della fiera, si potrebbe ben dire che in realtà non è nulla: “En realidad diría que no soy nada”. Un’affermazione che sembra portargli una discreta gioia, perché impedisce al mondo che lo circonda di incasellarlo e semplificarlo. Tutto è uguale a nulla, e viceversa. Tutto è complicato. E Manuel sembra voler a tutti i costi rimanere se stesso – un uomo molto creativo e molto ironico, ma privo di senso dell’umorismo. O meglio. Privo della pazienza per sopportare un senso dell’umorismo che non approva – piuttosto che accettare compromessi con la realtà. Ma ovviamente la realtà, come quasi sempre accade, ha altri piani per lui.
Tutto lo stile di vita estetico/artistico di Manuel, avulso dalla realtà più gretta che noi umani poco toccati dalla poesia dobbiamo sopportare, è possibile, infatti, solo grazie alla certosina opera pratico-diplomatica di filtro della domestica Celsa, santa donna che cucina, pulisce, lava, lo sveglia la mattina, fa quadrare i disastrati conti domestici, si occupa della sua salute e opera come angelo custode del focolare per un padrone di casa caratterizzato da uno scarsissimo senso pratico. Dopo aver introdotto con grazia e ironia – decadenti, imprevedibili e irresistibili come quelle di Manuel e della stessa Buenos Aires – personaggi(o) e contesto, il pilota si conclude con la morte dolce, nel sonno, di Celsa, e con il protagonista che si ritrova, per la prima volta da chissà quanti anni, senza la bussola che ha permesso alla sua vita di mantenere una direzione. Senza il contenitore che gli ha consentito di tenere una forma. Il prosieguo di questa parabola di una terza età paradossalmente spensierata e presa alla giornata, così come il coinvolgimento del personaggio interpretato da Robert De Niro, giustificano ulteriormente l’interesse aizzato dall’episodio pilota nei confronti di una commedia agrodolce che pare non somigliare a nulla di quello che abbiamo visto negli ultimi tempi.
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