Il solito sospetto

«Kevin Spacey, dopo di che penso che non ne sentirete mai più parlare» si chiudeva il brano di Caparezza dedicato al divo e ai suoi tanti villain; ed effettivamente, da quel 2017 in cui le accuse di abusi e molestie l’hanno travolto, Spacey è pressoché sparito dalla scena. Lo scorso luglio l’attore è stato assolto per tutti i capi d’accusa che pendevano su di lui nel Regno Unito (riguardanti soprattutto la sua condotta verso i lavoratori del teatro Old Vic, da lui diretto dal 2003 al 2015); in precedenza si erano “risolti” anche i suoi processi negli Usa, alcuni per non luogo a procedere, altri per sopraggiunta scomparsa degli accusatori (ben tre dei quali sono morti nel 2019, rispettivamente per un investimento automobilistico, per un tumore e per un apparente suicidio, avvenuto il giorno seguente alla pubblicazione di Spacey del suo annuale, criptico video social in cui parlava di «uccidere con la gentilezza»).

Un giorno, magari, vedremo su qualche piattaforma un bel true crime che metta in fila l’intero caso, ma per il momento, in attesa che l’industria decida se riabilitarlo e riaccoglierne il comunque smisurato talento, non ci resta che rivisitare, di Spacey, alcune interpretazioni d’annata. A partire da ruoli memorabili della prima metà degli anni 90, prima cioè che arrivasse la vera fama con I soliti sospetti e American Beauty. Su RaroVideo c’è Americani, che David Mamet ha adattato dalla sua pièce capolavoro Glengarry Glen Ross per la regia di James Foley: un fuoco di fila di manipolazioni verbali e insulti sofisticati, giocato da attori in stato di grazia, dove un giovane Spacey, già dotato della sua inconfondibile maschera di glaciale, spietata imperturbabilità, fronteggia mostri sacri come Al Pacino e Jack Lemmon (quest’ultimo per Kevin un vero e proprio mentore, sin da quando calcarono insieme il palco per Lungo viaggio nella notte, nel 1986).

Del 1994 è Il prezzo di Hollywood (TFC Premium), nerissima satira sul mondo dei produttori che a distanza di trent’anni ancora colpisce per la messa in scena del sessismo sistemico e della misoginia dello showbusiness, incarnati da un Kevin Spacey repulsivamente cinico; negli stessi meandri di ambizione e amoralità si muove Hurlyburly - Bugie, baci, bambole & bastardi (RaroVideo).

Tra le altre maschere di opaca e magnetica ambiguità vestite da Spacey ci sono certamente il “presunto alieno” in occhiali da sole interrogato da Jeff Bridges in K-Pax - Da un altro mondo e il lobbista di Casino Jack, entrambi su Full Action, quest’ultimo quasi un antipasto, nel 2010, dei futuri intrighi alla Casa bianca di House of Cards. Chiudiamo questa mini rassegna nella carriera di un attore che con la sua recitazione flemmatica e raggelante ha ridisegnato la figura del villain citando un titolo meno noto, Professione inventore, dove interpreta un imbonitore televisivo caduto in disgrazia e in cerca di redenzione: saprà trarre ispirazione da questa parabola per il suo ritorno sulla scena?

Kevin Spacey su The Film Club