Certe volte è proprio bello guardare le serie o i film immaginandosi: chissà a quale categoria di persone rivedibili darà fastidio qualora dovessero imbattervisi (seguiteci per altre agglutinazioni difficili da leggere: raggomitolamelo). Renderà daltonici i razzisti? Farà andare di traverso l’olio di ricino ai fascisti? Metterà di cattivo umore gli omofobi? Rovinerà la giornata ai violenti? A scanso di equivoci e per tracciare una bella linea sulla sabbia: non si tratta di fare i benpensanti o i moralisti. Si tratta proprio di sbertucciare allegramente i retrogradi. La serie inedita in Italia di questa settimana si chiama The Change, è una dramedy inglese – con il piatto della bilancia che pende molto di più sul lato della commedia rispetto a quello del dramma – e farà venire l’orchite a tutti quei maschietti e a quelle femminucce che, figli e figlie del patriarcato più retrivo e sessista, ridono ancora di gusto per le battute che finiscono con “mi si è rotta la lavastoviglie: mia moglie si è slogata una caviglia dopo che l’ho spinta giù dalle scale perché aveva sbagliato a prepararmi un panino”.
Linda festeggia il suo cinquantesimo compleanno (e il sopraggiungere della menopausa) nella seguente, raggiante maniera: un party nel giardino sul retro di casa sua che è stato proposto dal marito ma per il quale ha contattato lei gli invitati, ha fatto lei la spesa, si è scelta lei i regali, ha cucinato lei e pulirà lei quando tutti se ne andranno.
In cambio di tutto questo, Linda ottiene due figli adolescenti malmostosi che la mal sopportano perché, a loro avviso, mamma deglutisce i liquidi in maniera troppo rumorosa; un’amica che si stufa dopo quattordici secondi quando Linda tenta di raccontarle un aneddoto; e un marito più bravo a prendere al volo i wurstel con la bocca che a dedicarle un brindisi (“Oggi festeggiamo i 50 anni della mia mogliettina, la regina del compleanno, Linda Jane Jenkins. Tu sei piuttosto in forma per gli anni che hai e sei un’ottima mamma. Tre urrà per Linda”).
La donna non esplode, ma solo perché per dieci lustri è stata programmata dalla società a non farlo. D’altronde, come fa notare lei stessa nella lettera di arrivederci che scrive al marito (solo perché lui non è in grado di ascoltarla più di venti secondi di fila senza perdere la concentrazione), “L’incredibile Hulk è l’unico modello di menopausa nella storia della tv e del cinema”.
Negli ultimi 25 anni Linda si è segnata su innumerevoli taccuini tutti i lavori che ha fatto in casa e tutto il tempo che ci ha messo per farli. Ora che la menopausa l’ha investita come un treno, decide che è il momento di lasciare per un breve periodo la famiglia di ingrati ignoranti (anche se apparentemente in buonafede) che si ritrova e di riprendersi un po’ di quel tempo passato a tenere la casa, i figli e il marito in ordine. È arrivato il momento di smettere di dare la priorità al tempo, alla vita e alle scelte degli altri – che sia per dovere o per cortesia – e di mettere al primo posto il suo tempo, la sua vita e le sue scelte.
Linda rispolvera la sua vecchia motocicletta e parte alla ricerca di una scatola di latta che, da bambina, aveva nascosto nella cavità in cima a un albero in mezzo alla foresta di Dean, nella parte occidentale della contea di Gloucestershire. Inizia la sua avventura nei meandri della provincia inglese, dove tanto le donne quanto gli uomini la trattano come un’aliena un po’ per la sua provenienza cittadina, un po’ per il fatto di essere una donna di cinquant’anni alla conquista dei cazzi suoi, che non è più disposta a dare corda alle boiate della gente, alle colleghe intrise di patriarcato che servono anguille e purè di patate ai veri uomini e ai maschi alfetta che la approcciano al pub con frasi come “è un peccato che una bella signora come te se ne stia tutta sola”.
Perché? Chiede Linda. Perché è un peccato che io mi faccia un gran vassoio di fatti miei da sola in un pub? Non c’è risposta sensata. C’è la risposta vera – se vuoi puoi stare seduto qui in silenzio mentre mi leggo il mio libro e mi bevo la mia birra in pace – e c’è la risposta cortese, quella che solitamente la maggior parte delle donne usa per non disturbare troppo l’orgoglio maschile (o peggio per non rischiare di risvegliare istinti violenti).
The Change l’ha ideata (per Channel 4), scritta e interpretata Bridget Christie, comica di stand-up e personaggio televisivo piuttosto celebre nella perfida Albione, ma che non ha mai avuto troppi riscontri al di fuori del Regno Unito. Tanto che, ufficialmente, questo qui è il suo debutto davanti e dietro la macchina da presa di una serie narrativa. E che debutto, perdiana. Non solo Christie si dimostra in grado di scrivere una sceneggiatura con le contro-ovaie, ma è anche capace di pescare da registri contigui a quello del comico puro. Anzi.
The Change è una serie assolutamente brillante, non c’è dubbio, ma il tono è quella della commedia amara, umana e d’osservazione, che pesca dalle piccole cose e dalle piccole interazioni piuttosto che buttarla in caciara e/o in farsa. Io spero vivamente che qualcuno si accorga di questa piccola serie che descrive con così tanto amore e onestà spassionata due fette di umanità – le donne over cinquanta e le persone che, ancora oggi, preferiscono la vita di paese a quella urbana – che di solito sono rappresentate quasi esclusivamente come la punchline di una battuta o come i protagonisti di storie in cui qualcuno muore male.
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