In italiano si dice “Mettersi nei panni di qualcuno”. In francese vanno oltre e propongono di indossare la pelle di un’altra persona per cercare di capirla a fondo. Probabilmente, però, l’immagine che funziona meglio è quella che viene usata in inglese. La loro versione è che, prima di giudicare qualcuno, dovresti provare a camminare almeno un miglio indossando le loro scarpe. È vero che i panni sono molto intimi e portano l’odore peculiare di una persona; è vero che la pelle è l’organo più esteso che abbiamo ed è la cosa che ci appartiene di più; ma per camminare 1,6 chilometri ci vogliono delle scarpe comode, un paio che hai già usato e a cui hai dato la forma del tuo piede e del tuo modo di camminare. Usare le scarpe di qualcun altro per camminare venticinque minuti con un passo discretamente sostenuto ti fa davvero capire, figurativamente e letteralmente, quello che una persona ha passato per sformare in quel modo o in quell’altro le sue calzature.
La famiglia non tradizionale, composta da mamma Rose e dai due figli Jean ed Ernest, che riempie lo schermo di Due fratelli – opera seconda di Léonor Serraille (Montparnasse - Femminile singolare) presentata in concorso a Cannes nel 2022, in uscita in Italia il 31 luglio grazie a Teodora Film – ne ha fatta di strada prima ancora dell’inizio del film. Nel cuore degli anni ‘80 è arrivata da Abidjan, la città più grande e più importante della Costa d’Avorio, fino ai sobborghi di Parigi. Per cercare fortuna. Per trovare una esistenza migliore. O forse solo perché la giovane Rose, dopo quattro figli avuti da un vecchio che è morto (parole sue) e da un disgraziato con cui fortunatamente non ha più niente a che fare (sempre parole sue), aveva la necessità di ricominciare da capo, di tentare di fare esperienza di una vita che non era mai riuscita a vivere davvero. Dal momento in cui arrivano in Francia, seguiamo i successivi vent’anni della loro instabile esperienza famigliare prima dal punto di vista di Rose, poi da quello di Jean e infine da quello di Ernest, il narratore di questa storia.
“Stare soli ti toglie la terra da sotto i piedi. E tu hai dei piedi troppo belli”, le dice l’uomo (di una gentilezza insopportabile) con cui i membri della comunità ivoriana – a casa dei quali Rose e i figli sono temporaneamente ospiti al loro arrivo in Francia – tentano di sistemarla. Ma per quanto carino e poetico e ben sistemato e di origini ivoriane possa essere quell’uomo, appare chiaro fin da subito che Rose è l’unica persona che può decidere qualcosa per se stessa. Troppo orgogliosa, troppo forte, troppo testarda, troppo desiderosa di quell’indipendenza che non è mai riuscita ad avere in patria.
D’altronde, come racconta Ernest, “Quando parlava, mamma aveva sempre un’aria importante. Era sempre indaffarata per evitare di crollare e ha portato dal paese d’origine una valigia piena di segreti e di dolore”. Rose, nonostante sia una mamma, nel suo cuore è ancora una ragazza, un’adolescente a cui hanno sottratto gli anni migliori. E l’insegnamento più sentito che vuole trasmettere ai figli è che non bisogna mai piangere di fronte a qualcuno, né mostrare debolezza.
Jean, il primogenito, è un ottimo bambino di intelligenza sopra la media, che cresce e diventa un ragazzo serio e responsabile. Fin troppo. Ha uno splendido rapporto con il fratellino, lo cresce come se fosse contemporaneamente suo padre, suo fratello maggiore e il suo migliore amico. Si prende anche cura della casa dal momento che Rose è via tutta la settimana per lavoro. La cosa gli pesa, ma solo quando la mamma è presente. Altrimenti segue l’insegnamento materno: la tristezza va spazzata sotto il tappeto. Una ricetta perfetta per far impazzire chiunque, figuriamoci un diciottenne costretto a sopportare tutta quella pressione. Jean scoppia, e scoppia male. Rimane schiacciato dalle aspettative della scuola, del futuro, delle ambizioni altrui, della gestione della casa, della ragazza ricca che sotto sotto lo tratta come un trofeo da safari, dal fatto di essere sempre stato a metà tra la Costa d’Avorio e la Francia, senza che mai gli venisse data la possibilità di scegliere per conto proprio una sola scarpa in cui infilare il piede.
Ernest, invece, è cresciuto restando spesso silenzioso e in disparte, inconsciamente malinconico per il miraggio di una stabilità famigliare che non ha mai avuto né conosciuto. Grazie al parafulmine rappresentato da Jean, però, cresce protetto e in maniera apparentemente sana. È l’unico della famiglia a integrarsi veramente nella società francese: quando glielo chiedono, quasi non si ricorda di essere nato ad Abidjan. Ma l’integrazione che cancella le differenze non è vera integrazione, è un rigurgito colonialista che sublima in una subdola soppressione. Serraille sembra volercelo ricordare, con quell’ultima inquadratura che infrange la regola fondamentale di mamma Rose. E noi, tutti quanti, ci ritroviamo ad aver passeggiato per due ore avendo indossato tre paia di scarpe diverse, arrivando alla fine del miglio con una buona dose di consapevolezza in più.
Il film
Due fratelli
Drammatico - Francia 2022 - durata 116’
Titolo originale: Un petit frère
Regia: Léonor Serraille
Con Stéphane Bak, Ahmed Sylla, Annabelle Lengronne
Al cinema: Uscita in Italia il 31/08/2023
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Amazon Video Rakuten TV
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