Partiamo dal fondamentale presupposto che – lo giuro su tutto ciò che ho di più caro, facciamo la copia originale giapponese del primo Metal Gear Solid autografata da Hideo Kojima (che non ho ma che sarebbe bello avere) – su questo argomento non mi sento né un matusa né un vecchio maledetto: i film e le serie tratti dai videogiochi da queste parti sono ben accetti. Poffare, quando sono riusciti a fare un film passabile su Final Fantasy VII (Advent Children) ho quasi fatto festa. Persino quando il più furbo dei registi di nome Anderson (quello che si è sposato Milla Jovovich) ha fatto i soldoni con gli innumerevoli Resident Evil non mi sono scomposto, nonostante gli zombie mi interessino assai poco. E sono stato molto contento anche per The Last of Us, nonostante i personali dubbi sui non morti di cui sopra. Ma la serie tv tratta da Twisted Metal, quella sulla carta proprio non la capisco tanto. Un videogioco senza una storia, ma soprattutto senza personaggi sviluppati, in cui l’unico obiettivo è quello di fracassare più cose e nemici possibili a bordo di auto catafratte munite di tutte le armi possibili e immaginabili, dalle mitragliatrici ai bazooka, per vincere il torneo dei balordi e avere la chance di vedere realizzato qualsiasi desiderio da parte del leggendario Calypso, organizzatore del torneo dello sfascio.
D’altronde, e anche un po’ però, gli amici di Peacock – il servizio di streaming di NBC, in Italia per lo più associato alla distribuzione Sky – hanno già dimostrato di saper cavare egregiamente il sangue da una rapa producendo a Damon Lindelof quell’adorabile mattata senza senso di Mrs. Davis. Cosa vuoi che sia per loro inventarsi una storia striminzita un po’ Anno 2000, la corsa della morte e un po’ Mad Max, che abbia un minimo sindacale di lore post-apocalittica e che sia impaccata di bella gente che ci sa fare?
La bella gente in questione parte da Neve Campbell nel ruolo di cattiva cattivissima (no spoiler ce lo dicono praticamente subito), passa per Thomas Haden Church sceriffo dai metodi spicci e brutali del nuovo Far West, per Stephanie Beatriz (Brooklyn Nine-Nine) deuteragonista muta e massacrata crudelmente dalla vita, per l’accoppiata corpo-voce composta dal wrestler Samoa Joe e Will Arnett che danno vita a un clown matto ed enorme che gestisce la criminalità di Lost Vegas; e si conclude (almeno davanti alla macchina da presa) con il protagonista Anthony Mackie, corriere non della droga che trasporta beni di prima necessità da una città murata all’altra della California e che alza a 11 il livello del birignao Marvel fatto di battutine ganze che stemperano momenti drammatici. Per quanto riguarda la bella gente dietro la macchina da presa, invece, bisogna citofonare la premiata ditta Rhett Reese e Paul Wernick, che in coppia si sono già guadagnati il badge principale degli scout di Hollywood (“L’acchiappasoldi”) firmando le sceneggiature di Zombieland, G.I. Joe: Retaliation e i tre Deadpool.
In un brutto mondo andato alla deriva dopo un generico cyber-attacco che ha spaccato l’internet e mandato in malora l’intera società statunitense, Mackie è John Doe – il nome generico che gli statunitensi danno a tutti gli uomini la cui identità è sconosciuta – ed è un cosiddetto “lattaio”, ovvero uno dei pochi matti coraggiosi che non vivono al sicuro nelle varie città murate che si sono formate dopo l’apocalisse, bensì bazzicano l’anarchia delle strade esterne che pullulano di criminali a bordo di auto catafratte munite di tutte le armi possibili e immaginabili. E con Twisted Metal stiamo a posto. I lattai fanno i corrieri fra un insediamento e l’altro a proprio rischio e pericolo in cambio di beni preziosi come benzina o spazzole tergicristallo, e John Doe è, ça va sans dire, il più cazzuto fra tutti i lattai della costa ovest. Neve Campbell, subdola amministratrice di New San Francisco, lo convince con l’inganno a fare un’ultima, impossibile consegna da ritirare a New Chicago: in totale fanno 2132 miglia da percorrere in mezzo a una terra di nessuna popolata da psicopatici armati fino ai denti.
Bastano tre minuti del pilota di Twisted Metal – la voce narrante di Mackie che racconta in breve le premesse e la scena dei Blues Brothers al centro commerciale, solo che le macchine hanno i lanciarazzi – per capire che quella serie qui sarà la classica faccenda riassumibile in: è piaciuta più al pubblico che alla critica. La grana, effettivamente, è grossa – ma non grossolana, almeno nel primo episodio – e i mezzi tecnico-tattici (specialmente per quanto riguarda la CGI) sono lievemente scarsi per il livello di ambizione in ballo. Ma il tasso di locura è alto, alcuni bandoli narrativi vengono tirati dalla matassa lasciando la curiosità sul dove andranno a parare e la rule of cool regna sovrana. Ogni tanto, specialmente a ferragosto, è tutto ciò di cui c’è bisogno per godersi una serie.
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