Cosa c’è dopo l’Apocalisse? Che diavolo (ops) può ancora andare storto? Nulla, almeno in apparenza. Il problema sta in quel che rimane, in ciò che è sempre stato: l’establishment celestiale, la burocrazia dei purissimi piani alti. E i problemi in paradiso si rivelano, in quest’imprevista seconda stagione di Good Omens, nata come miniserie (2019) dal romanzo a quattro mani di Neil Gaiman e Terry Pratchett Buona Apocalisse a tutti!, quando l’Arcangelo Gabriele si presenta, nudo come Dio padre l’ha fatto e senza memoria, alla libreria dove l’angelo Aziraphale e il demone Crowley si stavano godendo l’esilio.
Ripartono da qui, dal più classico degli escamotage, le avventure della strana coppia, in sei episodi che fanno della mancanza una rinfrancante virtù: se il passo a due della scrittura viene meno, giacché il nuovo Good Omens è (quasi interamente) farina del sacco inesauribile di Gaiman, e il registro stilistico di Pratchett - i frizzi e lazzi linguistici, il gioco digressivo dell’assurdo - si offusca, assieme al co-sceneggiatore John Finnemore e al regista Douglas Mackinnon (Sherlock) l’autore riduce all’osso l’orizzontalità, rinuncia alle sottotrame precedenti (e ai loro prolungati détour) e convoca con moderazione i comprimari - nuovi solo in parte: le deliziose Maggie Service e Nina Sosanya, ex Suore chiacchierone della prima stagione, sono promosse a co-protagoniste, come Jon Hamm (raramente si è visto un attore, no, un umano divertirsi tanto).
Il focus è - finalmente, saggiamente - sulla dialettica degli opposti in atto fra Aziraphale e Crowley... e fra Umanità e Religione, Uomo e Dio. Esaltata da una stravagante, dolce, macabra cavalcata iconoclasta attraverso gli highlight delle Sacre scritture e della Storia: a partire dalla creazione dell’universo, i Nostri intraprendono un percorso di scoperta dei vizi di forma e delle contraddittorietà innate del libro più famoso del mondo, dalla vicenda di Giobbe (che domanda a Dio il perché delle sue sciagure beccandosi una paternale) allo sporco lavoro della scienza ottocentesca (l’emissario dell’Onnipotente inorridisce davanti alla dissezione di un cadavere e redarguisce un’orfana: «La miseria è una fortuna». Avrà da ricredersi), fino alla follia non dichiarata dei tempi moderni, dove i tentatori sono diventati inutili perché gli abitanti della Terra hanno sviluppato un senso infallibile per l’autodistruzione.
A meritare la salvezza sono però le profondità incasinate dei rapporti, e ne danno prova i duetti fra David Tennant e Michael Sheen (l’uno in forma diabolicamente smagliante, l’altro in stato, è il caso di dirlo, di grazia) che scivolano coraggiosi nella dimensione di una scatenata commedia romantica, nel segno (esplicitato) della «contrabbandiera» Jane Austen e di Richard Curtis. Ma il lieto fine non s’ha ancora da fare, perché l’indottrinamento celeste è più forte di ragione e sentimento, e il Paradiso intreccia relazioni tossiche come nessuno. D’altronde la seconda stagione è un ponte verso il gran finale precedentemente abbozzato da Gaiman & Pratchett: l’eventuale terza annata, se confermata, nascerà sotto il migliore dei presagi.
La serie tv
Good Omens
Fantasy - USA, Gran Bretagna 2019 - durata 59’
Titolo originale: Good Omens
Creato da: Terry Pratchett
Regia: Douglas Mackinnon
Con David Tennant, Michael Sheen, Donna Preston, Grace McKenzie, Shelley Conn, Josie O'Brien
in streaming: su Amazon Prime Video
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta