A un certo punto, nel primo episodio di questa miniserie intitolata Full Circle, un personaggio originario del subcontinente indiano si lamenta timidamente con il suo capo, scaltro e spietato donnone guyanese che sta prendendo una deriva un po’ troppo ineffabile per i gusti pratici del suo sgherro, dicendole qualcosa come: “A tutti i sottoposti hai spiegato una piccola parte del piano, ma non hai raccontato a nessuno il quadro nella sua interezza. Non capisco”. E, per quanto riguarda quest’ultima fatica di Steven Soderbergh, mi è sembrata una meta-descrizione fin troppo calzante per essere casuale.
Full Circle è una miniserie di mezza estate distribuita da Max – ciò che resta del servizio di streaming di HBO – che potrebbe arrivare sui nostri schermi (tramite Sky) ma di cui nessuno sembra essersi accorto. Sarà quel “mezza estate” che toglie un certo entusiasmo all’idea di bingiare una miniserie. Sarà l’uscita di Mission: Impossible, Barbie e Oppenheimer che alloca risorse altrove. Sarà che Max è ancora in confusione totale – serie e film cancellati a caso e senza preavviso, sacrifici umani, cani e gatti che vivono insieme – dopo il re-branding preteso da quelli che contano i soldi. Fatto sta che una serie diretta da Steven Soderbergh e in cui recitano Claire Danes, Zazie Beetz, Timothy Olyphant, Dennis Quaid, Jharrel Jerome e Jim Gaffigan rischia di passare in cavalleria prima ancora di essere vista e apprezzata. Giammai.
All’inizio si parlava di un dipinto svelato un pezzo alla volta – e in cui, aggiungiamo, ogni riquadro viene a sua volta messo in mostra centimetro per centimetro – senza avere ben chiaro quale sia il quadro generale. Sappiamo, però, che Full Circle è una storia che prende il via dal suo stesso titolo. “Chiudere il cerchio”, si direbbe da noi. Che è esattamente quello che promette di fare Savitri Mahabir – il donnone di cui sopra, a capo della malavita guyanese di New York specializzata nell’ammazzare persone senzatetto fingendo sia morte naturale per incassare l’assicurazione sulla vita. Lo giura nel momento in cui uno dei suoi rivali storici le ammazza un nipote.
Ma il cerchio a cui sta pensando Savitri è ancora più misterioso di quanto credano i suoi già di per sé confusi sottoposti. Non si ferma all’assassinio del nipote, ma risale a svariati decenni prima e coinvolge una maledizione da esorcizzare attraverso un rituale preciso: la morte di un ragazzino alle 1 e 11 del mattino in un luogo ben specifico della città. Il ragazzino prescelto non sembra c’entrare nulla con gli affari dei guyanesi. È il figlio adolescente dei benestanti Timothy Olyphant e Claire Danes, che nella vita gestiscono l’impero multimilionario del padre di lei Dennis Quaid, popolarissimo celebrity chef.
A tentare di mettere insieme i pezzi di questo puzzle dai contorni nebbiosi, multiculturali e solo apparentemente casuali c’è Zazie Beetz, investigatrice ribelle della polizia postale che, ahilei, deve contemporaneamente rammendare anche i lembi di una vita privata allo scatafascio: la carriera è in stallo a causa del brutto mix tra il suo atteggiamento strafottente e un pessimo rapporto con il suo superiore, il meschino Jim Gaffigan, e il rapporto con la compagna si sta incrinando a causa della frustrazione che ne deriva.
Nel frattempo viviamo gli eventi anche dal punto di vista di due giovani ragazzi guyanesi, portati a New York dall’organizzazione di Savitri e costretti a fare la malavita. Le complesse dinamiche fra i personaggi e le situazioni scritte da quel mezzo guercio di Ed Solomon (Bill & Ted’s Excellent Adventure, Super Mario Bros., Men in Black, Charlie’s Angels, No Sudden Move) finirebbero certamente in fumo senza la mano ferma di Soderbergh, che organizza il caos con un tocco di misticismo che, spinto ancora un po’ più in là, incontrerebbe il favore di David Lynch.
Come il personaggio del luogotenente di Savitri, anch’io non c’ho capito molto della prima puntata di Full Circle. Ho capito chi sono i personaggi, i motivi per cui agiscono e le forze vettoriali che li uniscono. Per chiudere il cerchio, manca il quadro generale. Per il quadro generale, serve guardare la serie nella sua interezza (probabilmente tutta d’un fiato). Fermarsi al pilota lascia solo una gran quantità di acquolina in bocca.
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