Back to Black. Lo abbiamo detto e ridetto: la distopia oggi è satira di quello che c’è già, monito sul presente, caricatura dell’attualità. Sguardo morale, o moralistico, sul contemporaneo. Non confondiamoci: Black Mirror (ovvero per Charlie Brooker quello schermo nero - di pc, tv, tablet, smartphone - in cui l’umano si specchia e si perde) è dunque una chiosa grottesca allo stato delle cose, prima che un presagio. Si pensi a Vota Waldo, stagione 2, in cui un comico riusciva a essere eletto tramite battutacce populiste via avatar influencer: è il 2013, in Italia (la vera avanguardia?) avevamo già avuto quattro governi Berlusconi (tanto che Qualunquemente e il suo Partito du Pilu parevano ridondanti) e il Movimento 5 stelle di Grillo era realtà virale da tempo. È solo uno degli esempi possibili.
La serie non prevede: è solo cronaca aumentata, forma sformata di realismo, quasi realtà. È un punto importante, per capire questa stramba stagione 6. Si parte con Joan è terribile, storia di una tagliatrice di teste che scopre di essere la protagonista (in tempo quasi reale) di una serie della piattaforma Streamberry, caricatura sfacciata di Netflix, la cui homepage sembra contenere tutto l’universo Black Mirror, dunque tutto quel mondo. Tra deepfake, mise en abyme (tanto che Annie Murphy, Salma Hayek e Michael Cera interpretano loro stessi) e cessioni di diritti faciloni, sta tra Matrix, The Congress e Cam, ma in forma di commedia, emblema (consapevole) di una società dello spettacolo in streaming che sa assorbire tutto, anche la critica, facendone materia di consumo.
Loch Henry conferma, con l’inabissarsi di due giovani in una storia true crime (targata Streamberry) in cui da registi finiscono per essere protagonisti. Cul-de-sac. Poi ci sono Beyond the Sea (il più lungo, 80 minuti) e Mazey Day (42, il più corto), che fan slittare (per epoca e genere) la serie da quella dimensione allarmistica sul futuro tramite cui è sempre stata letta: il primo, sci-fi retrofuturista (anni 60) con Aaron Paul e Josh Hartnett astronauti con androidi loro corrispondenti in Terra (tra hippie assassini e problemi di coppia con Kate Mara), il secondo (ambientato nel 2006) con Zazie Beetz paparazza che non si ferma di fronte a niente, in un episodio che si vuole horror di serie C.
La morale d’entrambi? Non si cambia il terribile stato delle cose, the show must go on. Così, quando arriva Demone 79, 74 minuti di scioccherella parodia demoniaca Seventies con un attualissimo partito di destra in crescita sullo sfondo, capiamo che c’è un motivo se questo è il primo episodio a esser stato scritto ma l’ultimo ad apparire: è più facile immaginare la fine del mondo che trovare una via d’uscita a questo presente, a questo mondo ridotto a Streamberry. Meglio il cupio dissolvi al guardarsi nella quasi realtà della serie come la conoscevamo. Meglio una risata, il vuoto, il nero assoluto, privo di specchi critici inutili, di falsi movimenti autoassolutori, di parabolette allarmistiche ma rassicuranti. Al Black Mirror Brooker preferisce, rassegnato e ghignante, lo smantellamento della serie: Back to Black.
La serie tv
Black Mirror
Fantascienza - Gran Bretagna 2011 - durata 60’
Titolo originale: Black Mirror
Creato da: Charlie Brooker
Con Daniel Kaluuya, Wyatt Russell, Kelly Macdonald, Lasco Atkins, Helena Collins O'Connor, Chris Martin Hill
in streaming: su Netflix Netflix basic with Ads
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