Le montagne della Stiria, i campi verdi, la casa tra gli alberi... Arnold non si sente austriaco, dubita che suo padre sia quel violento ex capo della polizia militare a servizio di Hitler, e si immagina figlio di un soldato americano. Quando nel 1968 arriva a Miami gonfio di muscoli, culturista pluripremiato, già Mister Universo, finalmente pensa di essere a casa.
Schwarzenegger si racconta, ironico e felice delle sue tre vite, racchiuse nelle tre puntate della miniserie. Campione di bodybuilding, attore, politico. Un flusso narrativo amichevole, senza sussiego, gli occhi fissi sulla camera, luccicanti come quelli di Terminator, che gli diede la fama grazie a James Cameron, chiamato a ricordarlo insieme a Danny DeVito, Jamie Lee Curtis, Sylvester Stallone e altri. Prima ancora, Conan il barbaro di John Milius lo aveva riscattato dalla crudele battuta di un critico: «È meno espressivo del suo cavallo».
Il matrimonio con Maria Shriver, nipote di John F. Kennedy, fa di lui un governatore della California così poco repubblicano da passare alla storia come il più radicale ambientalista dello stato, in lotta contro le emissioni inquinanti e a favore della costruzione di infrastrutture pubbliche. Al secondo mandato, divertì i giornalisti: «Adoro i sequel». Sarebbe salito più in alto, ma era nato a Thal, e tornò al cinema.
Ancora due Terminator, e ora, a 75 anni, la serie comico-avventurosa FUBAR. Ombre di malinconia sul volto roccioso di Arnold, la moglie lo ha lasciato dopo la scoperta di un figlio extra matrimonio, e gli restano un asinello e un pony che accudisce nella sua tenuta californiana. In bella vista le immagini di quand’era scultura vivente, l’Ercole venuto dall’Europa.
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