Capita che, nel lessico comune, si utilizzi la parola “archiviare” in maniera singolare: si “archivia una pratica” - o una brutta faccenda - quando la si considera chiusa una volta per tutte, quando la si può finalmente dimenticare, quando si vuol sancire il suo definitivo passaggio tra le cose che non contano più. Strano destino di alcune parole, che finiscono per voler dire il contrario di quello che significavano in origine: “archiviare” starebbe a indicare, in teoria, un atto volontario di selezione, uno sforzo eroico di proteggere dalle ingiurie del tempo (scegliere cosa archiviare oggi, in virtù di quel che si pensa possa essere importante domani, è una questione politica, oltre che uno spericolato esercizio di preveggenza). Ma che cos’è allora un archivio, e segnatamente un archivio di film? Un cimitero di materiali dimenticati, pericolosamente inclini alle fiamme? O una cassaforte in cui custodire ciò che è più prezioso, pronta a dischiudersi agli sguardi dei posteri?
Non c’è dubbio su come la pensi a riguardo chi, da quasi quattro decenni, anima Il cinema ritrovato di Bologna, in programma quest’anno dal 24 giugno al 2 luglio 2023: una cineteca è una miniera da esplorare. I posteri siamo noi. Per una manciata di giorni, è il cinema del passato quanto di più nuovo e sfavillante si possa proiettare su un grande schermo - che si tratti di tornare ad apprezzare capolavori noti, restituiti al fulgore originario grazie ad accurate operazioni di restauro, o che sia questione piuttosto di riscoprire film dimenticati, visti poco o pochissimo, mai assurti allo status di classici. Celebrare la storia, insomma, tornando sui suoi esiti più meravigliosi, e intanto riscrivere un canone, annoverando nuovi nomi opere e correnti.
Restauri di prestigio: Il ferroviere, Da qui all’eternità, Quien sabe?, Banditi a Orgosolo e molti altri. La sezione dedicata ogni anno alla nostra cinematografia nazionale ricorda Anna Magnani, mentre una selezione ghiotta e un po’ obliqua celebra Suso Cecchi D’Amico, invitando a ravvisare la sua voce nel chiasso di mitologiche writers’ room spesso affollatissime; un focus è dedicato a Rouben Mamoulian, esule armeno accolto a Hollywood, maestro della mdp mobilissima, autore di un cinema irrequieto e sensuale, mentre una selezione di titoli accompagna lo spettatore alla scoperta di Michael Powell prima del sodalizio con Pressburger, in un panorama - la Gran Bretagna anni 30 - affamato di cinema da consumare voracemente.
Come sempre, il programma spazia poi verso geografie più o meno remote: il giapponese Teinosuke Kinugasa, “maestro del primo piano” e regista di film in costume sui generis, è protagonista di una retrospettiva; un percorso di cinque film introduce la figura di Elfi Mikesch, regista eclettica e DOP nella Berlino anni 60; la sezione Cinemalibero, da sempre dedicata a film censurati o osteggiati dal potere costituito, ci guida in Asia Centrale (Gibel Otrara di Ardak Amirkulov), Siria (Al-Makhdo’un di Tewfik Saleh) e Senegal (Ceddo di Ousmane Sembène); un ciclo è dedicato a Leopold Lindtberg e alla sua collaborazione con la svizzera Praesens-Film, e la sezione L’ultimissima risata è consacrata alla commedia tedesca “in esilio”, tra 1933 e 1937, proseguendo una riflessione già avviata nell’edizione 2022. Si ricorda poi il cinema del 1903, si omaggiano le dive russe attive nel muto italiano, si festeggia il “compleanno” del formato 16mm, brevettato 100 anni fa. E molto altro ancora.
Maggiori informazioni sul sito ufficiale: https://festival.ilcinemaritrovato.it/
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