Erano sulla spiaggia a costruire castelli di sabbia, George Lucas e Steven Spielberg, quando hanno deciso di produrre insieme la prima pellicola con protagonista Henry Walton Jones Jr., in arte Indiana Jones. Era il 1977 e Spielberg, reduce dal più grande fiasco della sua carriera (1941. Allarme a Hollywood), pur avendo pochi anni prima inventato il concetto stesso di blockbuster con Lo squalo, covava il sogno di girare un James Bond movie. Lucas aveva da poco scoperto che il primo capitolo del suo Guerre stellari aveva ottenuto un incredibile successo al Box Office, ma aveva già pronto un nuovo soggetto che “era proprio come un James Bond ma in meglio”. Quel film si sarebbe chiamato I predatori dell’Arca perduta.
Mentre dalla kermesse di Cannes, dove è presentato fuori concorso, arrivano le prime ottime reazioni a Indiana Jones e il Quadrante del Destino, quinto (e ultimo?) capitolo della saga dell’archeologo più famoso del mondo, ancora interpretato da un Harrison Ford più volte ringiovanito digitalmente, al cui timone si trova James Mangold (Ragazze interrotte, Logan - The Wolverine), arte.tv propone Indiana Jones - Alla ricerca della saga perduta, un approfondimento su una delle più note icone cinematografiche del Novecento. Il documentario di Clelia Cohen e Antoine Coursait alterna interviste, materiale d’archivio, stralci di film e dietro le quinte per indagare le origini di un mito che, per prendere forma, ha dovuto affrontare difficoltà produttive e numerose reticenze da parte degli studios hollywoodiani, scottati dalle recenti disavventure di Spielberg.
Tra contratti ricchi di clausole per obbligare il regista di Duel a non sforare tempistiche (87 giorni) e budget (19 milioni) e una difficoltosa scelta dell’attore protagonista, con George Lucas che voleva evitare un rapporto simbiotico con Harrison Ford (attore di punta del momento e già tra i protagonisti di Star Wars), il progetto rischiò infatti di arenarsi più volte e riuscì solo grazie all’inossidabile amicizia tra i due esponenti della New Hollywood. Il film non si limita però a una ricostruzione di carattere aneddotico, ma prova a risalire a quali siano stati gli elementi formali che portarono la saga a essere amata tanto da una critica bacchettona, reticente verso il “cinema d’intrattenimento”, quanto da un pubblico di tutte le età ed estrazioni: nonni, bambini, famiglie, cinefili, nerd.
Nei cinquanta minuti di durata si analizzano così i trucchi del mestiere di Lucas e Spielberg per far crescere nel pubblico (del quale vengono testimoniate le reazioni post-visione) suspense e adrenalina e ci si mette alla ricerca di una formula perfetta, che farà scuola per il cinema a venire, prendendo nota di tutte le tracce pre-Indiana Jones: un’archeologia dell’archeologo, potremmo dire, vedendo la lunga serie di spy movie, thriller e cinema d’avventura da cui la storia sembra essere stata influenzata con la sua perfetta formula di personaggi carismatici, eroine femminili in pericolo e archetipi del male ma anche una sovrabbondanza di effetti speciali, una colonna sonora incalzante e humor. Un mix che, sentiamo dire, non privo di un certo rammarico, da Francis Ford Coppola, ci priverà dei film che Lucas avrebbe potuto fare in futuro, lasciandolo a capo di uno degli imperi economici più imponenti di sempre e che continua, imperterrito, a esercitare il suo fascino.
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