I soldi e il successo non fanno la felicità, diciamo sempre noi che di soldi e di successo ne abbiamo in quantità limitata (parlo in generale; anzi, se all’ascolto c’è gente che di soldi e di successo ne ha in avanzo: l’indirizzo mail lo conoscete). Ma forse è un’illusione, un po’ come il potere di Andreotti che in realtà logora chi non ce l’ha. Magari ricchezza e fama non garantiscono un’automatica felicità, quello no. Ma è sicuro che ti cambiano. Cambiano proprio la prospettiva che hai sul mondo e, faccenda ancora più significativa, modificano le modalità con cui fai esperienza del mondo.
Hannah Gadsby è quell’eccellente comica australiana che nel 2018 ha visto la sua vita e la sua carriera rivoltate come un calzino: da onesta sconosciuta al grande pubblico, impegnata da meno di una decina di anni con il suo mestiere di monologhista comica in giro per il mondo (era appena riuscita a portare il suo spettacolo in un piccolo teatro off-Broadway), con l’imposizione di un unico speciale Netflix (Nanette) si è trasformata in un fenomeno non solo comico, ma anche politico e sociale. Oltre a portarsi a casa un meritato Emmy, ha anche introdotto il linguaggio della stand-up nella dieta di molti spettatori eticamente convinti della malvagità di un certo spirito comico (quello famigerato che tira pugni dall’alto al basso).
Gadsby era riuscita a convincere il mondo progressista – ma progressista serio e sulle barricate, mica noi progressisti della domenica – che può esistere una stand-up che fa ridere prendendosi sul serio e non buttando necessariamente tutto in vacca; una stand-up che scardina i suoi stessi meccanismi, li mette alla berlina, tenta di emendarli e di proseguire per una strada comica che integri iconoclastia e rispetto. Nanette è stato uno speciale che colpiva duro, lo sfogo definitivo di una persona lesbica – nata (nel 1978) e cresciuta in Tasmania, dove fino al 1997 l’omosessualità era ancora punibile per legge – dalla fisicità non conforme alle regole auree del mondo dello spettacolo, neurodivergente e fresca di una diagnosi di autismo che, arrivando a 40 anni, un po’ di domande sul tuo passato secondo me te le fa scaturire. Figlio di questo contesto e di questo percorso, Nanette era uno speciale che faceva ridere, riflettere e, forse soprattutto, metteva a disagio lo spettatore, rispecchiando quello stesso disagio che nel corso della sua vita ha patito Gadsby.
Poi, praticamente da un giorno all’altro (e Gadsby in questo nuovo monologo ha modo di raccontare qualche aneddoto a tal proposito) arrivano il successo, la fama, una discreta quantità di relativa serenità e, di conseguenza e soprattutto, l’amore. Gadsby si è sposata. Dunque il suo nuovo speciale Netflix Something Special, come annuncia lei stessa in apertura, sarà una commedia romantica: “Questo sarà uno spettacolo piacevole, perché credo di dovervelo”. Esattamente l’opposto rispetto alle premesse di Nanette. Pure se, però, anche in questo Something Special Gadsby ci ricorda giustamente che il mondo sta finendo e non è che lei se lo sia scordato o che lo ignori. Anzi. È sul pezzo. Ma non è che possa risolvere il problema nel giro di un’ora, quindi facciamo che per il momento accantoniamo questo disagio.
In superficie, Something Special è uno show più canonico rispetto a Nanette – e anche rispetto a Douglas, il primo monologo di Gadsby post Emmy. Uno spettacolo costruito sulla più classica delle comicità di osservazione, con uno spin ovviamente molto personale. Come quando racconta gli sbagli compiuti dalle lesbiche rispetto alle aspettative etero a proposito dei matrimoni: a quanto pare non si sceglie una torta nuziale a forma di testa di squalo con in cima (anzi, dentro la bocca spalancata) due lontre che si tengono la mano al posto dellə sposə e dellə sposə. Ma in realtà è stato fatto tutto per ingannare un pasticcere particolarmente cristiano e fargli preparare una torta per un matrimonio gay senza accorgersi che stava preparando una torta per un matrimonio gay. Detto questo, di peculiarità nella costruzione di una battuta ne abbiamo sentite tante – c’è Ronny Chieng che usa elementi di matematica finanziaria per essere buffo – ma il lusso di usare lo scultore rumeno Constantin Brâncuși come metro di paragone per i sorprendenti elenchi di osservazioni che sua moglie raccoglie e racconta, quello non si era ancora mai sentito. Io Constantin Brâncuși l’ho dovuto googlare perché sono una zappa, ma è parte del vantaggio di avere un catalogo di speciali stand-up a disposizione in streaming, comodamente sottotitolati.
Poi, però, Gadsby va oltre e si addentra nella complicata fenomenologia formale delle proposte di matrimonio: che ottimisticamente sono momenti di finta spontaneità, altrimenti sono vere e proprie imboscate. Fatte da uomini. Notoriamente una categoria in grado di gestire con serenità il rifiuto. Da qui in avanti, anche se all’inizio non sembra, Something Special torna a somigliare a Nanette e Douglas, diventando un racconto organico e un flusso di coscienza a partire dalle esperienze di Gadsby. Tornando a essere una narrazione che suona molto scritta – ed è un gran complimento, soprattutto se accoppiato alle doti di modulazione della voce di Gadsby – e che fa un uso alto di tutta la tecnica comica in possesso della tasmaniana. Dopo i primi venti minuti introduttivi, Something Special diventa la bella storia – dalla rincorsa molto molto molto lunga – della proposta di matrimonio che Hannah Gadsby ha fatto a quella che è diventata sua moglie. Non c’è sorpresa e non ci sono dolori e disagi (tra virgolette) gratuiti aggiunti – oltre a quelli gentilmente e normalmente offerti dalla vita. E Hannah Gadsby sconfigge ancora una volta gli odiatori seriali e gli indignados offesi da un punto di vista diverso da quello del maschio etero, continuando a dimostrarsi una delle artiste più trasparenti e sincere nel grande circuito della stand-up.
Lo special
Hannah Gadsby: Something Special
Commedia - USA 2023 - durata 74’
Titolo originale: Hannah Gadsby: Something Special
Regia: Jenney Shamash
Con Hannah Gadsby
in streaming: su Netflix Netflix basic with Ads
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