«Immagina che io sia una foresta a cui è stato tolto un albero»
Louie Anderson dopo essere dimagrito una ventina di chili


Parafrasando la psicologa tedesca Ute Ehrhardt, Le brave ragazze vanno in paradiso le cattive dappertutto, c’è da chiedersi se la stessa cosa non valga anche per i comici. È altrettanto vero che i comici gentili vanno in paradiso, mentre quelli cattivi vanno dappertutto? In parte sì. Per uscire dalla nicchia e raggiungere una discreta fama, un comico educato o deve avere più di cent’anni (Bob Dole, Johnny Carson), o deve essere schizofrenico come Bill Cosby, o deve chiamarsi Jerry Seinfeld – che poi, anche qui: Seinfeld non dice parolacce, ma sarebbe più corretto definirlo come “diversamente educato” – o, in alternativa, deve fare come Jim Gaffigan e puntare direttamente a fare ridere il papa.

Il culto del comico brutto sporco e cattivo, divisivo provocatore e rockstar, invece, è abbastanza reale da essersi trasformato in stereotipo e in archetipo (con Lenny Bruce come pietra angolare). Quindi, siccome i comici antipatici sono quelli che si prendono fama, soldi, ammirazione e possono andare dappertutto (tranne che in paradiso), significa che sono più bravi a far ridere rispetto a un comico gentile? L’avvocato della difesa chiede che venga mostrato il reperto numero uno: la prima apparizione su una tv nazionale di Louie Anderson, ospite nel 1984 al The Tonight Show di Johnny Carson. Uno stand-up di sei minuti in cui Anderson, esordiente assoluto su quel tipo di palco, cattura il pubblico nel giro di pochi secondi con la sua affabilità affilata, carisma che emana dalla gentilezza e dalla grazia di una fragilità trasformata in potere.

Louie Anderson è morto lo scorso 21 gennaio, ed era un comico gentile nonostante fosse anche un comico-comico, di quelli seguiti, studiati e apprezzati anche (o soprattutto) dai colleghi. Eddie Murphy, quando Paramount lo obbligò a scritturare una quota muso pallido per il cast di Il principe cerca moglie, scelse Anderson perché era «il bianco più divertente che c’è in giro» – ma anche perché, come ha raccontato anni dopo lo stesso Louie, una volta Anderson era stato abbastanza cortese da offrire il pranzo a Murphy e al suo entourage senza nemmeno prendersene il credito.

Dennis Miller, ex SNL e oggi personalità radiofonica e commentatore politico, ha detto di Louie che «è uno dei comici dal tocco più leggero che conosca... Sono davvero pochi quelli per cui sono disposto a uscire dal camerino in anticipo solo per poterli vedere in azione. Sul palco Louie ha l’approccio che avrebbe Fred Astaire se dovesse ballare con una gamba rotta. Ha grande rapidità di pensiero, e soprattutto non martella le battute solo per il gusto di fare punteggio con il pubblico, ma è come se filasse una contro-tessitura che sembra uscita da Pulp Fiction».

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Louie Anderson

Anderson ha calcato per anni i palchi di teatri, club e cabaret, spuntando qualche volta sul grande schermo per piccoli ruoli (oltre a Il principe cerca moglie e seguito, anche Una pazza giornata di vacanza).

A metà degli anni 90 ha messo il timbro su un paio di avventure televisive (una più fortunata dell’altra, di gran lunga) che portavano il suo nome: il cartone La vita con Louie, ispirato alla sua numerosa famiglia (dieci fratelli) e arrivato persino in Italia (su Fox Kids), e la sitcom The Louie Show che vantava la presenza di un Bryan Cranston pre-Malcolm e che è durata la bellezza di sei episodi.

Poi, era ormai il 2016, è arrivata Baskets: commedia sui generis – è come se avessero chiesto a un diplomato all’accademia del Sundance di dirigere la sua versione hipster di una sitcom – e miglior vetrina possibile per la sensibilità comica di uno come Anderson. Chiamato a interpretare nientemeno che la mamma del protagonista (o meglio: dei protagonisti) Zach Galifianakis, ma senza moine, esagerazioni grottesche o velleità di scimmiottare uno stile da drag queen.

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Baskets

Louie è stato scelto nel ruolo di Christine per merito della sua voce: Galifianakis e Louis C. K. (produttore della serie poi epurato quando si è scoperto che si masturbava di fronte a donne non consenzienti) cercavano un’attrice che avesse il suo stesso tono nasale, stridente eppure mellifluo, con certe vocali strascicate e una musicalità distorta e sorprendente. A un certo punto, frustrati, si saranno anche detti “Facciamo prima a farlo fare a Louie (ohohoh. Perché suona come Lui. ok)” ed effettivamente è quello che è successo.

Anderson ha modellato il personaggio basandosi sulla personalità di sua madre – già omaggiata in La vita con Louie, ma anche nei suoi spettacoli di stand-up e nei suoi libri – che lui descriveva amorevolmente come «una tipica passivo-aggressiva del Midwest». In questo ruolo (che gli è valso anche un Emmy) da matriarca caricaturale ma non esageratamente fuori dalle righe, Louie ha dato completezza, profondità ed emozione a un archetipo comico, quello delle Karen mostruose, solitamente relegato al ruolo di macchietta. Ha portato sullo schermo la sua parte d’America, quel Midwest educato fino all’esagerazione (o alla depressione), dove in tanti sono costruttivamente e strategicamente allegri per riuscire a sopravvivere a un mondo che spesso li guarda dall’alto in basso.

 

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.