Premessa doverosa: non avventuratevi nella terza annata della serie creata da Jon Favreau senza prima aver visto almeno gli ultimi tre episodi di un altro spinoff seriale dell’universo Star Wars, The Book of Boba Fett, nei quali è incastonato un arco narrativo cruciale (un vero e proprio The Mandalorian 2 1/2) per capire come mai, all’inizio della stagione, Grogu e Din Djarin siano di nuovo uniti in viaggi e battaglie spaziali.
La principale differenza tra questa annata e le precedenti è proprio nel legame tra il piccolo e sempre più potente bimbo verde e il coriaceo mandaloriano, non più insieme per caso o per forza, ma ora per scelta, sancendo la nascita di un vero e proprio nucleo familiare (tenero e sghembo, lontanissimo dalle dinastie di sangue che tengono in piedi da decenni la saga) che fa dei due eroi, orfani e sradicati, ciascuno la patria dell’altro. E di scelte, nonché di patrie, la stagione fa i suoi temi portanti, mettendo al centro della trama orizzontale la complicata missione di riunificazione delle frange mandaloriane divise, affidata alla redenta Bo-Katan Kryze, che nell’efficace prova di Katee Sackhoff (agevolata dalla possibilità, negata al buon Pedro Pascal, di sfilarsi il casco) diventa la principale eroina carismatica degli otto capitoli.
I quali, come da tradizione di una serie che ha mostrato la via per il ritorno alla cadenza settimanale di episodi e annessi cliffhanger, mantengono la struttura di quest autoconclusive a zonzo per la galassia: l’elemento western è meno spiccato (eccezion fatta per la presa di Nevarro e per quel finale quasi eastwoodiano), in favore di una più pervasiva atmosfera fantasy, legata a usanze, riti e leggende del popolo mandaloriano (dalle acque sacre al mostruoso Mitosauro); e il piccolo Grogu viene addirittura fatto cavaliere dalla guest star Lizzo (affiancata dagli altri illustri ospiti Jack Black e Christopher Lloyd nell’episodio più ludico dell’annata).
Inevitabilmente consapevoli che ogni singola azione e mugolio di Grogu (l’artista precedentemente noto come Baby Yoda) sia destinato a diventare un tormentone online, gli autori cedono di tanto in tanto a sequenze che sembrano fatte apposta per mutarsi in meme (l’esoscheletro degli ultimi episodi), ma l’evoluzione del pupazzo animatronico più amato della galassia è gestita con una certa grazia, anche dal punto di vista “psicologico”, ricordando, tramite flashback, il trauma dell’Ordine 66 (la purga dei Jedi ordinata da Palpatine) cui Grogu è sfuggito (con un’idea di casting commovente per i fan della saga, il suo salvatore è incarnato da Ahmed Best, interprete dello sfortunatissimo Jar Jar Binks).
In una stagione che, nel complesso, aggiunge poco alla consolidata efficacia della serie, spiccano alcune angolazioni inedite, come il notevole episodio Il convertito (diretto dal Lee Isaac Chung di Minari), che ci cala, attraverso l’ambiguo dottor Pershing (esperto di clonazione e pedina fondamentale nel grandioso piano di Moff Gideon, il villain interpretato da Giancarlo Esposito) nel sinistro programma di reinserimento sociale degli ex ufficiali imperiali, una struttura che emana inquietanti vibrazioni da terapia di conversione. La quarta stagione è in cantiere: questa è la via.
La serie tv
The Mandalorian
Fantascienza - USA 2019 - durata 42’
Titolo originale: The Mandalorian
Creato da: Jon Favreau
Con Pedro Pascal, Lateef Crowder, Stephen Jackson Powers Jr., Amy Sedaris, Clancy Brown, Kyle Pacek
in streaming: su Disney Plus
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