La prima e per molto tempo unica regista nera del cinema cubano, Sara Gómez Yera, detta Sarita Gomez, soffriva di asma cronica, proprio come Che Guevara. È morta il 2 giugno 1974, a soli 31 anni, anche in seguito a complicazioni collegate al suo terzo parto. Figlia di musicisti, studi in letteratura, pianista, etnologa e giornalista, aveva appena finito di montare il suo primo lungometraggio, One Way or Another (De cierta manera; disponibile su MUBI insieme al corto I’m Going to Santiago, Iré a Santiago, entrambi restaurati), a cui Tomás Gutiérrez Alea ha reso omaggio nel quasi sequel Hasta cierto punto, nel 1983.
Sara Gómez era nata l’8 novembre 1942 a Guanabacoa, L’Avana, epicentro della cultura afrocubana, e per 12 anni, dal 1962, è stata un membro attivo dell’ICAIC (Istituto cubano dell’arte e dell’industria cinematografica), non solo firmando corti e documentari non agiografici, ma svolgendo anche un prezioso lavoro didattico militante. Il regista della Guinea Bissau, Flora Gomes, è stato per esempio un suo allievo. Agnès Varda l’ha voluta al suo fianco nel 1963 quando ha girato il cortometraggio Salut les Cubains, omaggio all’unico paese socialista latinoamericano.
Sarita ha sposato prima il regista Hector Veitia e poi, nel 1967, il tecnico del suono Germinal Hernandez: ha avuto tre figli. Opera femminista in bianco e nero su «persone reali e su persone fittizie», il titolo che le ha dato celebrità internazionale, One Way or Another (“in un modo o nell’altro”) ha il piglio dell’inchiesta giornalistica spregiudicata. Entra nelle scuole, tra gli studenti più disagiati. Poi in fabbrica, dove un lavoratore furbetto è processato e punito dai compagni di reparto. Scopre il passato di un cantante folk, ex pugile nero di successo, con la carriera stroncata dal razzismo durante la dittatura Batista. E si insinua nell’animata love story tra una insegnante divorziata, una donna indipendente ma politicamente disarmata, e un operaio “maschilista”, un mulatto che cerca di liberarsi da automatismi e opportunismi sessisti.
D’improvviso, flash saggistici socioantropologici ci illuminano su Cuba, il suo passato e il presente rivoluzionario. Una voce off monta immagini di repertorio (anche l’impressionante Tire Dié, il doc di Fernando Birri del 1960 sui bambini poveri di Santa Fe, in Argentina) per illustrare l’antidoto castrista al sottosviluppo, la sanità e l’istruzione garantite a tutti, e la demolizione dei quartieri più fatiscenti, come il Miraflores, ricostruito e sanificato a L’Avana. Ma nella parte più controversa (che costò al film il “confino politico” per anni, nonostante fosse scritto da Alea e da Julio García Espinosa, i poeti della nouvelle vague cubana) esplora in profondità le contraddizioni razziali e di genere del paese e polemizza con chi sottovaluta la lotta delle donne contro il patriarcato, soprattutto tra gli afrocubani più poveri e marginali, succubi di sette segrete oscurantiste, come gli Abakuà.
Sara Gómez su MUBI
One Way or Another
Drammatico - Cuba 1977 - durata 78’
Titolo originale: De cierta manera
Regia: Sara Gómez
Con Mario Balmaseda, Yolanda Cuéllar, Mario Limonta, Isaura Mendoza, Bobby Carcases, Sarita Reyes
I'm Going to Santiago
Documentario - Cuba 1964 - durata 15’
Titolo originale: Iré a Santiago
Regia: Sara Gómez
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