La sequenza d’apertura di L’uomo invisibile versione Leigh Whannell (2020) segue la protagonista, Cecilia, che tenta nottetempo di fuggire dall’abitazione del suo compagno, il milionario sociopatico che la tiene prigioniera. La casa in cui i due vivono – che il film colloca a qualche chilometro da San Francisco – è in realtà la pluripremiata Headland House, progettata nel 2017 dallo studio di architettura Atelier Andy Carson di Sidney e ubicata nel New South Wales, in Australia meridionale: un luogo dove la regione montana dello Illawarra si congiunge con la linea costiera della Werri Beach e della Geering Bay, generando un panorama di bellezza sacrale.
Per questo santuario minimalista studiato nei più minuti dettagli per mettere in comunicazione paesaggio ed edificio, gli architetti si sono ispirati ai capannoni agricoli della tradizione locale, di cui riprendono colori e materiali (legno, pietra, rame, ottone, tutti trattati in modo che, col passare delle stagioni, ‘invecchino’ mutando il loro aspetto insieme a quello della costruzione). Quattrocento metri quadri suddivisi su tre volumi rivestiti in metallo che sembrano fluttuare nel vuoto, che definiscono una struttura a ‘U’ e si aprono a 180° su una doppia vista: oceano da un lato, campi e pascoli dall’altro.
All’interno, tra gli sparuti elementi di arredo presenti, si può riconoscere una poltrona CH445 Wing, ideata nel 1960 dal designer danese della scuola modernista Hans J. Wegner. È chiaro da subito come Whannell operi in controtendenza rispetto alle intenzioni dei committenti per trasformare questo santuario dell’armonia, in cui nulla è fuori posto, in uno spazio sinistro e inospitale.
La violenza in nuce è annunciata già dalla prima inquadratura, che mostra uno scoglio percosso dal frangersi ritmico delle onde, mentre la casa in lontananza viene svelata da un movimento a salire della macchina da presa, che infine si ferma a inquadrarne i volumi rivelando una macchia oscura fiocamente illuminata da una luce giallastra.
All’interno, mentre Cecilia – non a caso un’architetta – scivola fuori dal letto per compiere il suo piano di fuga, le vetrate a tutta altezza colorano gli spazi di un blu pastoso e minaccioso, mentre la sproporzione tra la vastità degli ambienti e la figura umana diventa opprimente.
In bagno, i led degli specchi retroilluminati, come quelli della gigantesca cabina armadio, concorrono ad accentuare le ombre anziché a dispensare luce, e quando la donna raggiunge il laboratorio del suo stalker, i tagli di illuminazione ‘drammaticamente’ bianca incassati a soffitto fanno pensare all’impersonalità asettica di una sala operatoria, se non addirittura a un obitorio.
E se non fosse sufficiente il modo (davvero magistrale) con cui Whannell ribalta di senso le intenzioni dei progettisti, facendo di un’auspicata oasi di serenità un ricovero concentrazionario, a dare manforte al suo progetto arriva inopinatamente la pandemia: L’uomo invisibile è infatti, almeno per il nostro Paese, il primo titolo di grande richiamo che il Covid 19 ha dirottato dalle sale alle piattaforme. Ed è impossibile, rivedendolo oggi, non pensare come l’isolamento oasistico di quella villa – raggiungibile solo dopo una passeggiata a piedi per consentire ai visitatori di godere dei suoi incomparabili paraggi – si sia trasformato suo malgrado in una sconsolata metafora del lockdown che ha costretto il mondo a rinchiudersi nei propri tinelli, senza neppure il conforto di una stanza lato oceano sviluppata ad hoc per ammirare l’approssimarsi di una tempesta.
Il film
L'uomo invisibile
Horror - Australia, USA 2020 - durata 124’
Titolo originale: The Invisible Man
Regia: Leigh Whannell
Con Elisabeth Moss, Oliver Jackson-Cohen, Harriet Dyer, Aldis Hodge, Storm Reid, Michael Dorman
Al cinema: Uscita in Italia il 15/06/2020
in streaming: su Google Play Movies Rakuten TV Amazon Video Apple TV
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