Quante volte abbia intenzione di salvare il mondo, stavolta, è la prima (non originalissima) domanda che ci viene in mente di fare a Sarah Michelle Gellar quando fa tappa a Milano durante il tour promozionale per la sua nuova serie, Wolf Pack, dal 23/2/2023 su Paramount+. Al che lei ribatte: «E se invece non fossi qui per salvarlo?». I paragoni con Buffy, però, sorgono inevitabili: Wolf Pack non è solo il ritorno sulle scene di Gellar dopo un periodo di stop (anticipato dal cameo in Do Revenge, dove invece erano ovvi i rimandi a Cruel Intentions), ma è anche un ritorno alla serialità di genere, al soprannaturale.
Se vent’anni fa era l’ammazzavampiri, qui ha a che fare con giovani lupi mannari: la serie è creata da Jeff Devis, autore anche di Teen Wolf, di cui su Paramount+, sempre il 23/2/2023, arriva l’atteso film sequel. Attenzione, però: non c’è alcun collegamento tra Wolf Pack e Teen Wolf, le vicende si svolgono in due universi narrativi diversi. Nella nuova serie Sarah Michelle Gellar è una detective che indaga su alcuni adolescenti morsi da una misteriosa creatura durante furiosi (e ormai tristemente abituali) incendi californiani. «Credo sia abbastanza chiaro, già dai primi episodi, che il mio personaggio abbia una motivazione più profonda» dice. «Ma bisogna arrivare alla fine per capire quale, per dare senso ai suoi comportamenti. È stato uno degli aspetti più interessanti del ruolo».
Quali sono le ragioni che ti hanno spinta a tornare in tv, e a farlo con un nuovo supernatural drama?
Mi sono presa molto tempo lontana dal lavoro, per stare in famiglia, e ho visto il panorama televisivo cambiare profondamente. Mi sono resa conto di apprezzare molto il “modello streaming”, dove tutto è più “concentrato”: puoi definire e realizzare l’intera storia in anticipo, e gli spettatori a loro volta decideranno i tempi e i modi in cui guardarla, se aspettare o vedere tutto in una volta... Inoltre, si è “liberi” dalla pubblicità. Ho scelto Wolf Pack perché... amo quando l’horror e i mostri sono metafore di demoni interiori, e questo show affronta così tante questioni contemporanee, che toccano sia le giovani generazioni sia quelle più mature: l’ansia, l’alienazione, l’esistenza in un mondo sempre più digitale e scollegato dalla realtà... E poi la cosa più importante di tutte, l’idea di trovare il proprio “pack” (la cui traduzione corretta è “branco”, ma in inglese non ha una connotazione negativa, ndr), un gruppo di persone con cui puoi essere te stessa e che sono sempre pronte a sostenerti... credo sia una ricerca che ognuno di noi affronta per gran parte della vita.
Il concetto di “pack”, in questo contesto, è simile a quello della famiglia elettiva, uno dei temi fondamentali di Buffy.
Nelle narrazioni di genere, “supernatural” per me equivale a “super human”: l’uso del soprannaturale è ciò che permette di raccontare storie ed emozioni molto umane. Certo, anche gli show costruiti solo sul “mostro della settimana” o su momenti paurosi sono divertenti! Ma io amo soprattutto scoprirmi coinvolta intensamente, magari restare “aggrappata” al cliffhanger, per poi realizzare di aver stabilito una connessione con un signficato più profondo.
A proposito, si continua a parlare di un reboot di Buffy, ma tu non sei mai sembrata troppo entusiasta all’idea...
(Ride, ndr). Oh, no, tutt’altro! Semplicemente, non penso dovrei farlo io: Buffy è una metafora degli orrori dell’adolescenza, e io non sono più un’adolescente. Ma nel modo in cui la serie si è conclusa - ogni ragazza che vuole il potere può avere il potere - c’è una grande storia da raccontare. Sosterrei pienamente un progetto di questo tipo.
Com’è stato lavorare con i giovani attori di Wolf Pack?
Io e Rodrigo (Santoro, co-protagonista, ndr) ne abbiamo parlato molto: per un sacco di tempo siamo stati noi i “piccoli” dei set! Ho scoperto, però, di imparare dai ragazzi almeno quanto loro imparano da me. Ho dovuto guardare attraverso i loro occhi, il loro entusiasmo, la loro passione. E sono stati straordinari: il mio primo giorno, anche se non dovevano girare, sono venuti tutti sul set a sostenermi.
Di Wolf Pack sei anche produttrice.
È stato molto importante per me, per due ragioni. Prima di tutto, da attrice scegli progetti che ovviamente ti piacciono, ma poi spesso durante la lavorazione cambiano. Essere produttrice significa proteggere il materiale. Ma, ed è ancora più importante, è un ruolo che mi ha permesso di creare l’ambiente lavorativo che volevo: un set in cui la voce di chiunque viene ascoltata, senza gerarchie ferree, dove l’assistente di produzione conta come la star, perché è una fatica collettiva, “ci siamo dentro” tutti insieme. Negli anni Hollywood ha fatto progressi, e volevo fare la mia parte in questo cambiamento.
Lo dici anche in relazione a esperienze passate?
Lavoro da quand’ero bambina: ho avuto esperienze meravigliose, ho avuto esperienze tutt’altro che meravigliose, e molto spesso sullo stesso set. Ci tengo a ribadire che non mi riferisco a un ruolo in particolare, perché si tratta di un intero sistema. Molto spesso - specialmente a Hollywood, sì, ma credo sia vero un po’ ovunque - si perpetuano comportamenti sbagliati perché “si è sempre fatto così”. Ma non significa che quello sia il modo migliore o più giusto di fare le cose, che non sia possibile cambiarle, migliorarle. Ci evolviamo, come esseri umani, e spesso in meglio. Più che al passato, preferisco guardare al futuro e a ciò che posso fare per renderlo migliore.
Forse, dopotutto, non ha davvero smesso di salvare il mondo.
La serie tv
Wolf Pack
Fantasy - USA 2023 - durata 51’
Titolo originale: Wolf Pack
Con James Martinez, Nobi Nakanishi, Robert Tinsley, Shanita Wilburn, Holly Firfer, Amy Pietz
in streaming: su Paramount Plus Apple TV Channel
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta