Anno che vai comici che trovi, direbbe il calendario motivazionale della stand-up, se solo ne esistesse uno, tipo di quelli che stacchi il foglio giorno per giorno e ogni volta trovi una frase a effetto diversa e che, a essere onesti, è un oggetto che prevede un lavoro editorial-redazionale che vale molto più dell’euro e novantanove che avete speso su Shein. Il 2022 è stato un anno strano, di ripartenza, ed è stato generalmente approcciato con l’idea di ricominciare a vivere come si deve, dopo le faticose faccende di pandemia, e soprattutto come se niente fosse successo. Un sacco di gente ci ha provato, a fare finta di nulla, a comportarsi come se il COVID non fosse mai esistito. Tanti di loro sono gli stessi che mettono in dubbio l’olocausto, gente sulla cui capacità di giudizio tenderei a non soffermarmi più di tanto. Altri volevano solo difendere uno stato mentale reso fragile da un paio di anni veramente merdosi. Alcuni eroi, invece, hanno optato per tutt’altra strategia di negazione. Hanno preso il bonus psicologo, hanno fatto un account di Netflix (il resto lo hanno speso in goleador) e al posto di andare in terapia si sono messi a guardare tutti gli speciali di stand-up caricati sulla piattaforma.
Best of Stand-Up 2022 è un’ottima iniziativa a costo zero di Netflix, che al modico costo di un silos di caffè e di un unico tirocinante di montaggio – il quale peraltro, guarda te gli scherzi del destino, è lo stesso stagista di Shein che ha fatto le ricerche per le citazioni del calendario motivazionale della stand-up – ha messo insieme una vetrina barra rassegna barra auto-marchetta barra album delle figurine di tutti i bit migliori (o meglio: di tutte le battute riuscite più facilmente isolabili dal contesto dello spettacolo da cui sono state estratte) presi da ogni speciale comico da loro prodotto e distribuito in questo limbo chiamato 2022. Ne esce fuori uno scenario strano. Senza l’impellenza di dover affrontare l’argomento più topico e globale degli ultimi cent’anni, il repertorio dei comici collezionati da questo speciale è tornato a concentrarsi anche sui vecchi stereotipi della comicità. Seguendo la cara vecchia equazione attribuita a Mark Twain – «L’umorismo è la tragedia più il tempo» – il COVID è passato dall’essere l’argomento principale (e il motore della maggior parte della narrazione comica) al tornare fra i ranghi delle punchline di repertorio, come un 11 settembre qualsiasi.
Di questo 2022 comico ricorderemo sicuramente Bill Burr, uno a cui le pandemie fanno un baffo: non ha bisogno di un virus letale che costringe il 75% della popolazione mondiale a rintanarsi in casa fino a nuovo ordine per sentirsi miserabile e incazzato. Sono le sue impostazioni di default e il suo ultimo speciale lo incorona nuovamente come il più tecnico e il più completo fra i comici d’osservazione che, provenendo dall’antica era analogica (rigorosamente: fumosa), hanno asfaltato la strada a questa nuova epoca dello streaming.
Fra le (più o meno) nuove facce portate in scena con i soldi di Netflix, poi, il più irresistibile rimane sicuramente Ronny Chieng. Uno che viene dalla Malesia, è cresciuto fra Singapore e l’Australia e che per diventare ricco e famoso ha abbandonato tre paesi con servizio sanitario gratuito e controllo delle armi da fuoco per trasferirsi negli Stati Uniti d’America all’apice delle violenze razziste nei confronti degli asiatici. Ergo: non c’è niente che faccia paura a Ronny Chieng, compresi il COVID e il rischio di cancellazione per aver detto qualcosa di offensivo.
Ritroviamo Iliza Shlesinger, con il dramma delle donne pettorute costrette a indossare brutti reggiseni beige, e quel patato tutto pieno di THC di Sheng Wang, che dall’alto della sua performance di imperturbabile pacatezza – e del suo cognome che, per gli anglofoni, indica il pistulino maschile – fa ridere anche quando parla di teoria e tecnica dei dispensatori di crema per il corpo. C’è Hasan Minhaj con uno spezzone molto rappresentativo del suo spettacolo, in cui passa nello spazio di un battito di ciglia da zero a cento, da buffone a intenso monologhista scespiriano – se solo Shakespeare avesse avuto un problema con la categoria degli osteopati.
Ci sono Nick Kroll con il suo bullo interiore che parla come Jason Statham, Trevor Noah in viaggio in Isvizzera e Ricky Gervais che fa Ricky Gervais, facendoci ridere mentre ci spiega perché siamo più stupidi di lui. Ma soprattutto c’è lo spazio, in coda, per ricordare – ancora una volta, ma non stiamo contando e speriamo nessun altro lo stia facendo – il compianto Norm Macdonald, scomparso nel settembre del 2021 ma omaggiato da Netflix nel 2022 con uno speciale (composto da materiale inedito registrato da casa durante i vari lockdown) buono a ricordarci dolorosamente quanto prezioso sarebbe stato il punto di vista del comico canadese in tempi così ridicoli.
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