Kumla, Svezia, 1985. Il regista Jan Jönson è chiamato in un carcere per un seminario teatrale. Il gruppo di attori/detenuti coinvolti lo colpisce: decide di attivare una vera e propria produzione interna alla prigione: Aspettando Godot. Perché quale pièce, se non quell’infinita attesa frustrante, può cogliere al meglio lo status quo di un carcerato? È un trionfo. Beckett ne viene a conoscenza, scrive a Jönson, lo incontra. La storia è documentata da Godot in Jail di Jösta Hagelbäck (1985-1986), e ricostruita da Prisonniers de Beckett di MichkaSaal (2005). Poi, nel 2020, Emmanuel Courcol aggiorna la vicenda, la riduce a un copione da cinema medio francese, commedia popolare, impegnata con brio, con protagonista Kad Merad e girata ai giorni nostri. Un triomphe. Teodora Film lo compra per l’Italia ma non passa (causa COVID-19) per i cinema: è trasmesso da Sky. Non finisce qui. Il 12 gennaio 2023 uscirà, nelle nostre sale, la versione italiana del film francese e di quella storia svedese, con Antonio Albanese nel ruolo del regista e un gruppo di attori di contorno d’alto profilo e ottimo curriculum: Giacomo Ferrara, Giorgio Montanini, Andrea Lattanzi e la coppia fresca protagonista del Premio Ubu per Chi ha paura di Virginia Woolf? di Antonio Latella, Vinicio Marchioni, nominato miglior attore, e Sonia Bergamasco, premio come migliore attrice. Producono Palomar, Wildside e Vision Distribution. Dirige, adatta, sceneggia Riccardo Milani, autore (o facitore?) di una commedia che sa guardare il sociale e incassare al botteghino. Lo abbiamo intervistato.
Nel pressbook del film dici di avere voluto adattare il film francese e la storia di Jönson «alle nostre carceri».
Era importante per me parlare di cose che ho avuto la possibilità di conoscere. E nelle carceri ci ho lavorato. Ma quest’umanità a rischio la conosco anche fuori dalle prigioni, è fatta da persone che vivono i contrasti e le contraddizioni del nostro paese. Lo sforzo è stato quello di raccontarle con positività, mettendo in luce l’opportunità che il teatro e l’arte possono dare a tutti, anche a chi consideriamo il peggiore di noi.
Qui rido io, La stranezza e ora Grazie ragazzi: il teatro è protagonista del cinema italiano. È una semplice congiuntura? Il cinema invidia, oggi, i teatri pieni?
Credo sia una congiuntura. Se avessi potuto farlo prima, questo film, lo avrei fatto. Ma prova a immaginare un produttore italiano a cui proponi una commedia in carcere. Ci penserebbe molto, prima di finanziarlo. L’opportunità l’ho avuta perché c’è stato un film, prima, a fare da garanzia.
Questa mi pare una questione cruciale. Si dice che i remake si debbano a una scarsa originalità. Tu, che di remake dalla Francia ne hai fatti tre, stai dicendo che possono essere il pretesto per far sì che il nostro cinema tratti temi altrimenti ignorati dai produttori.
Penso sia un elemento da non sottovalutare. Per esempio: Corro da te. Proporre a un produttore italiano un film da grande pubblico sulla disabilità non è semplice. I rischi sono tanti. Abbiamo fatto questo remake, il pubblico ha risposto bene. C’è una certa mancanza di coraggio, un’autocensura alla base, che è la stessa industria a imporsi. Il remake apre possibilità: nel mio caso, oggi, quella di fare un film leggero, divertente, in una prigione, sperando possa arrivare a un pubblico popolare.
Tu hai un ottimo rapporto con il pubblico. Come sta quello italiano?
Verso il pubblico bisogna avere affetto, rispetto e riconoscenza. Questo mestiere lo si fa per lui. Per me bisogna parlare un linguaggio che non sia esclusivo, che non piaccia solo agli addetti ai lavori. Non mi piace parlare dello stato di salute del cinema, perché non sono titolato per farlo. L’unica cosa che posso fare è fare bene il mio mestiere. Ma dico una cosa da spettatore: i teatri sono pieni, i concerti anche. Ed è perché c’è un luogo preciso dove trovarli. Quello del cinema è la sala. Anche questa è una questione di coraggio. Si producono film dal principio fatti con e per le piattaforme: poi è inutile piangere sulla scarsità di pubblico nei cinema.
Della commedia tu hai mappato ogni registro. Ti senti un autore, in questo ambito?
Io non mi sento un autore. Accetto il termine con grande difficoltà, perché mi pare che separi, distingua, crei una distanza. Io non voglio stare lontano dal pubblico. “Autore” è una parola gratificante, ma non fa per me.
Allora facitore di commedie.
Io sono cresciuto con la commedia: mi ha insegnato, da spettatore, a capire meglio il paese, i luoghi, i passaggi storici, le persone. Sono riconoscente alla commedia per quel che mi ha lasciato, e spero che anche i miei film possano lasciare idee e immagini a uno spettatore. Penso che, per esempio, lo scontro sociale alla base di Come un gatto in tangenziale possa rimanere. Mi interessa raccontare il paese per quello che è. Quando ero piccolo c’era tantissima voglia di raccontare, di aggirare le censure e i «panni sporchi che si lavano in casa»... Credo si sia sottovalutato quel momento, quando la commedia era considerata di serie B, di serie C. Ma a volte la battuta di una commedia dice meglio e di più di un intero film d’autore. Sai cosa? A me piace molto parlare con persone che non la pensano come me. Voglio arrivare a persone che non frequento. Se dovessi parlare solo alla mia bolla non avrei problemi. È una condivisione che non produce nulla.
Il cinema come territorio comune.
Da cittadino di questo paese credo si debba fare questo in ogni ambito, non solo al cinema. Piacere a chi ti segue è facile. Bisogna provare a dire cose scomode a persone che non la pensano come te.
Il film
Grazie ragazzi
Commedia - Italia 2023 - durata 117’
Regia: Riccardo Milani
Con Antonio Albanese, Sonia Bergamasco, Vinicio Marchioni, Giacomo Ferrara, Fabrizio Bentivoglio, Giorgio Montanini
Al cinema: Uscita in Italia il 12/01/2023
in streaming: su Rakuten TV Google Play Movies Apple TV Mediaset Infinity Netflix Netflix basic with Ads Timvision Amazon Video
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