Si sono svolti lo scorso 10 dicembre, a Reykjavik, gli European Film Award 2022 (ne abbiamo parlato anche su Film Tv n. 51/2022). Se i riflettori sono tutti puntati sul lungometraggio vincitore, Triangle of Sadness di Ruben Östlund (premiato anche come miglior regista e sceneggiatore), merita però uno sguardo attento anche la sezione dei corti.
E grazie ad arte.tv è possibile gustarsi quattro dei cinque film candidati quest’anno (resta escluso solo Ice Merchants di João Gonzalez). I titoli selezionati sembrano dialogare tra di loro seppur con lingue e linguaggi diversi, e pare di scorgere tra essi un filo rosso che li attraversa tutti: ognuna di queste opere porta in scena generazioni a confronto, rapporti tra genitori e figli, assenze ed eredità.
Iniziamo questo nostro breve tour con il miglior corto, Granny’s Sexual Life di Urška Djukic ed Émilie Pigeard (Slovenia, Francia), che, sulla base del libro di testimonianze Fire, Ass and Snakes are Not Toys di Milena Miklavcic, mette in scena la condizione delle donne nella Slovenia della prima metà del XX secolo. Il film si apre e si chiude sui dettagli di alcune fotografie d’epoca: gli occhi intensi velati di tristezza delle donne, le bocche serie, le mani giunte e in grembo, tenute “al loro posto”. In mezzo a questi scatti in bianco e nero, si sviluppa il racconto animato dell’infanzia della nonna Vera, voce narrante del film, sotto la quale si susseguono disegni di una durezza esplicita tratteggiati come fossero scarabocchi quasi infantili.
Riflette sul passato, sulla memoria, su ciò che viene tramandato dai padri ai figli anche il bel Love, Dad di Diana Cam Van Nguyen (Repubblica Ceca, Slovacchia), presentato a Locarno e a Toronto 2021. A partire dalla corrispondenza cartacea tra Diana e suo padre, rinchiuso in prigione, la regista utilizza vecchie lettere, video e fotografie d’infanzia, ritagli e disegni di bambini per ricostruire la relazione con un genitore assente come fosse un collage, o un cut-up poem in movimento, con una tecnica artigianale che fa pensare ai film-bricolage di Chloé Mazlo.
In Will My Parents Come to See Me di Mo Harawe (Austria, Germania, Somalia), presentato alla Berlinale Shorts 72, una poliziotta segue le ultime ore di un giovane condannato a morte in Somalia: e mentre la camera s’accorda al procedere metodico, calmo e impassibile della donna all’interno del carcere, il ragazzo attende invano la visita da parte dei suoi genitori prima di essere giustiziato.
All’andatura imperturbabile del corto di Mo Harawe si oppone il caos e la frenesia di quello girato da Saulius Baradinskas: in Techno, Mama (Lituania), presentato a Venezia 78, il regista sembra modellare la forma del suo film sui ritmi interiori del protagonista Nikita, adolescente appassionato di musica techno che cova in sé un moto di ribellione e aspira a fuggire dalla Lituania, dove vive con una madre austera e abusante, per raggiungere il padre a Berlino. I suoi sogni sono però schiacciati, oppressi, rinchiusi dentro un confine stretto, come quel formato in 4:3 che imprigiona Nikita dentro una cruda esistenza persa in mezzo a una periferia urbana post-sovietica.
I corti sono disponibili gratuitamente sul sito di arte.tv.
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