«Try». “Provate”, “provateci”: si chiude su questa telegrafica esortazione il Manifesto del rivoluzionario Nemik, riletto da Cassian nell’incalzante finale di Andor. Non può essere un caso - perché la raffinatezza di scrittura e la consapevolezza della serie di Tony Gilroy sono di precisione affilata - che suoni (apparentemente) all’opposto di uno dei più celebri mantra di Star Wars: «Fare o non fare. Non esiste provare».
In Andor, ambientata cinque anni prima dei fatti di Rogue One - e dunque di quelli di Una nuova speranza, il punto d’origine della saga lucasiana -, non ci sono spade laser né cavalieri Jedi, nessuno nomina mai la Forza e non c’è traccia di alcun membro dell’ampia famiglia Skywalker, e per arrivare effettivamente a vedere uno scontro bellico nello spazio bisogna aspettare svariate puntate - anche se poi, quando succede, sa lasciare a bocca aperta.
Nel mondo di Andor, a livello del suolo, sovrastati dall’immensità delle architetture e dei mastodontici mezzi da guerra dell’Impero, soffocati dalla sua morsa sempre più totalitaria e asfissiante, tutto quello che possono fare le persone comuni, gli abitanti di questa galassia lontana lontana, è “provare”: a sopravvivere, ad adattarsi. A prosperare, perfino, a dispetto della salvezza altrui. Oppure, finalmente, a ribellarsi. Gilroy - tra gli intrighi spionistici di Jason Bourne e la passione civile di Michael Clayton - s’infila in uno dei tanti spiragli possibili dell’infinitamente espandibile universo di Star Wars, e lo prende sul serio.
In senso “materiale”, tornando a dar corpo fisico e “realistico” a un world building che, nelle recenti serie tv targate Disney+, s’era affidato in modo sempre meno efficace alla totale impalpabilità di scenari digitali: Andor ha, come hanno notato quasi tutti, un’estetica “alla Blade Runner”, è una distopia cupa e tangibile, perfino nella rappresentazione della levigatissima capitale Coruscant. Ma anche in senso filosofico e politico: Andor è un saggio quadripartito sulle metodologie e le conseguenze del fascismo, sulle sue diverse facce, dal colonialismo economico all’occupazione militare, dallo sfruttamento della classe lavoratrice allo svuotamento delle strutture democratiche, dall’imposizione di uno stato di polizia a quella dello schiavismo carcerario.
Questioni che esplora facendole corrispondere a quattro archi narrativi, e ad altrettanti elettrizzanti generi: una spy story, un heist movie, un prison drama, una battaglia - con la “trilogia” dell’angosciante panopticon di Narkina 5 a svettare tra le migliori storie dell’anno, grazie anche a un monumentale Andy Serkis.
Il Cassian Andor di Diego Luna è insieme un testimone e un agente di radicalizzazione (anche propria), quello che meglio di tutti, perfino nel cinismo egoista dell’incipit, vede la verità: all’Impero, di te, non importa. Attorno a lui un universo composito di personaggi veri e memorabili (anche, finalmente, tra le fila dei cattivi), un brulicare di scintille che s’accende inarrestabile agli angoli più distanti della galassia, inneschi di una reazione che, in tutta la sua contraddittoria complessità, come una valanga di imperfetti tentativi confluisce in un unico esito: dal regime c’è una sola via d’uscita, e si chiama rivolta.
La serie tv
Star Wars: Andor
Fantascienza - USA 2022 - durata 50’
Titolo originale: Andor
Creato da: Tony Gilroy
Con Diego Luna, Genevieve O'Reilly, Gordon Alexander, Alastair Mackenzie, Anton Lesser, Tim Faraday
in streaming: su Disney Plus
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