Tra i tanti modi per festeggiare l’anniversario del centenario dalla nascita di Ugo Tognazzi, c’è senza dubbio la riproposta in sala del secondo film che vede l’attore anche nel ruolo di regista: Il fischio al naso. Si tratta di un libero adattamento del racconto di Dino Buzzati, Sette piani, pubblicato nella raccolta I sette messaggeri. Tognazzi nella scrittura si fa affiancare dallo sceneggiatore dell’amico Marco Ferreri (presente nel film in un cammeo), Rafael Azcona, dando vita a una commedia amarissima che punta il bersaglio sulle nuove tecnologie applicate alla salute in cui gli uomini diventano solo dei numeri; per la progettazione del look dei personaggi invece sceglie Emilio Pucci.
Si tratta di un unicum nella carriera del grande stilista che, pur vestendo da sempre dive del cinema nazionale e internazionale, non si è mai cimentato con il costume cinematografico, dove l’abito ha il dovere di raccontare una storia già scritta sul copione.
Pucci, oltre ad aver avuto un ruolo fondamentale nella nascita del Made in Italy, è stato un grande viaggiatore, un pilota militare, uno sciatore olimpico, un inventore poliedrico, uno sperimentatore di stoffe e tessuti dalle tinte accese e dalla vestibilità rivoluzionaria. Fra le sue tante creazioni ricordiamo almeno la prima – quella che lo fece conoscere al mondo e gli aprì le porte della moda: era il 1947 quando, ritiratosi in svizzera dopo la guerra, Pucci si guadagnava da vivere insegnando italiano e dando lezioni di sci a Zermatt. Quasi per gioco, il futuro stilista progettò un moderno corredo da sci altamente aerodinamico, una tuta femminile aderente al corpo, sensuale e al contempo performativa. Un fotografo immortalò la sua creazione e la fece pubblicare su Harper’s Bazaar negli Stati Uniti. Nacque lo stilista.
La moda di Pucci, grazie anche alla collaborazione con i produttori di stoffe più esperti che con lui hanno brevettato tessuti elastici innovativi, è senza tempo, appartiene a un futuro incollocabile. Ecco spiegato il probabile motivo per cui Tognazzi lo sceglie per la realizzazione dei costumi del suo film. Nella clinica in cui entra il protagonista per non uscirne si prova a superare il tempo sconfiggendo la morte con la tecnica fantascientifica dell’ibernazione. Appena varcata la soglia dei giardini Giuseppe Inzerna viene accolto da hostess vestite con abiti dai colori sgargianti e dalle forme sinuose, è un eden del futuro.
Le infermiere che lo assisteranno nella sua salita verso la fine indossano tute, non camici, che avvolgono un corpo dalle prestazioni eccezionali pronto ad esplorare mondi lontani (non dimentichiamo che Pucci ha anche realizzato le divise per le hostess di una compagnia aerea e il logo della NASA per la spedizione Apollo 15). Si tratta delle stesse, identiche, tute che Pucci ha progettato vent’anni prima per le donne moderne sui campi da sci. Se “fuori” dalla clinica siamo completamente immersi nell’Italia del boom economico, “dentro” siamo in una bolla a-temporale, un’astronave del futuro dove la tecnologia cerca furiosamente il modo per preservare i nostri corpi in eterno. Quella sensazione di curiosità e disagio che nasce varcando la soglia di un universo utopico-distopico è trasmessa soprattutto dalla straordinaria maschera del volto (un “calco di gesso”diceva Maurizio Grande) di Tognazzi, ma il contributo di Emilio Pucci è immenso.
Il film
Il fischio al naso
Grottesco - Italia 1967 - durata 113’
Regia: Ugo Tognazzi
Con Ugo Tognazzi, Tina Louise, Olga Villi, Franca Bettoia, Riccardo Garrone, Alicia Brandet
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