Questa settimana restiamo sul semplice, ché certe volte non c’è bisogno di tanti lazzi, frizzi o mazzi per fare della comicità come si deve. Bastano un palco e una penna. E un cervello per ricordarsi le cose che sono state scritte. E una bocca per pronunciare le cose che sono state memorizzate. Vabbè, più o meno mi sono spiegato. Fatto sta che lo spettacolo di stand-up più pura e volendo, per come siamo stati abituati ultimamente, anche più scarna – senza ammennicoli, oggetti, video, musiche, scenografie – dell’anno è anche il più divertente (categoria opinabile), ma soprattutto meglio scritto e costruito (e qua il discorso è già più oggettivo) del 2022.
Si chiama I Wish You Would e l’ha fatto Trevor Noah per conto di Netflix. Trevor Noah non dico che lo conosciamo tutti, perché non sarebbe vero, però è uno dei comici più citati, anche solo tangenzialmente, sulle pagine di questa rubrica. Non solo per la sua prolificità – I Wish You Would è il suo undicesimo speciale comico dal 2009 a oggi, un’enormità – ma anche e soprattutto per la sua affiliazione al The Daily Show, da quasi 25 anni a questa parte il programma di satira politica più seguito e influente sul panorama televisivo statunitense. Lo diciamo ogni volta, ma perché non ribadirlo? Dalle fucine comiche del Daily Show di Jon Stewart sono emersi, oltre al delfino Trevor Noah, anche Stephen Colbert, Steve Carell, John Oliver, Ed Helms, Hasan Minhaj, Olivia Munn e Ronny Chieng. Anche se la sua carriera comica nasce con il genere dello stand-up, il successo e la popolarità di Noah sono più legati al formato televisivo e particolare del Daily Show – un finto anchorman che si prende gioco delle notizie di cronaca e di politica. A dirla tutta, gli spettacoli di stand-up di Noah – nonostante si percepisca sempre meravigliosamente tutta la sua personalità, unica e cosmopolita – mi sono sempre sembrati slegati e disuniti. Come se la sua modalità ideale di espressione comica dovesse essere proprio quella più rapida e meno avvolgente del Daily Show, dove il bit più lungo dura al massimo un quarto d’ora.
I Wish You Would è fatto di tutt’altra pasta. Rispetto ai vecchi spettacoli di Noah è migliorata la coesione del monologo, è migliorato il ritmo, sono migliorate la cadenza e la qualità di consegna delle battute. E il tutto senza dimenticare le peculiarità che lo hanno sempre distinto dagli altri comici. Il suo talento naturale con le lingue e con gli accenti, per esempio, che nasce dal suo essere cittadino del mondo, mezzo sudafricano e mezzo svizzero, cresciuto in Africa e portato presto in giro per il globo dalle sue ambizioni comiche. Lo spettacolo inizia parlando tedesco – «Schadenfreude è quello che è successo alle donne nere quando hanno visto uomini bianchi di mezza età piangere nel momento in cui Disney ha annunciato di voler cambiare La Sirenetta» – e si conclude con un lungo sketch fra lo scozzese e l’indiano. In mezzo Noah ci mette di tutto, dalla regina Elisabetta che si è garantita il miglior gruppo possibile di popoli che andranno a ballare sulla sua tomba per festeggiarne la scomparsa (africani, irlandesi, indiani e caraibici), ai comportamenti illogici dei protagonisti dei film horror. Si è sempre chiesto perché facessero scelte così idiote, quando per salvarsi basterebbe restare nascosti in silenzio rinchiusi da qualche parte. È così difficile? Poi è arrivata la pandemia e ha capito. Noah continua a saltare episodicamente da una battuta all’altra, come ha sempre fatto; ma in questo spettacolo ha perfezionato i segue, le transizioni armoniose tra un blocco dello spettacolo e l’altro.
Saltare dalla Schadenfreude alla regina Elisabetta passando per il padre svizzero, dai personaggi scemi dei film horror al COVID facendo sì che il discorso sembri contemporaneamente sia una collezione di vignette, mantenendo intatto il fascino della barzelletta, sia un discorso coeso e armonico è un risultato ragguardevole. Il collante è il carisma strabordante di Noah, che può permettersi a più riprese di fare anche lo stupidone senza che la qualità dello spettacolo ne risenta. Ma il carisma c’è sempre stato.
Quello che Noah ha aggiunto in I Wish You Would, oltre a una maggiore attenzione ai dettagli e ai fegatelli che fanno da giuntura tra un passaggio dello spettacolo e l’altro, è una libertà di espressione che non si era concesso in passato. La sua versione comica dei motivi per cui è scoppiato il COVID, per esempio, è una magnifica prova del suo pensiero laterale, quasi poetico, sicuramente fuori dalla scatola a cui siamo più abituati. Noah dice che la pandemia è nata per un motivo ben preciso: abbiamo tutti cominciato a desiderare troppo. Prima i desideri erano riservati a occasioni speciali: compleanni, quadrifogli o una stella cadente. Oggi esprimiamo desideri per qualsiasi cosa, anche più volte al giorno. E abbiamo fatto materializzare un genio stronzo che ci ha preso alla lettera. Vorresti non dover andare in ufficio tutti i giorni? Eccoti accontentato. Vorresti poter passare più tempo con i tuoi figli? Ci penso io. Mmmh ragazza, non sai quanto mi piacerebbe restare chiuso in una stanza con te per tutto il giorno, tutti i giorni; non sai cosa ti farei. Desiderio esaudito, la quarantena conta eccome.
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