«Sei almeno un milione di ore in anticipo sul nostro rapporto!», avverte la caporedattrice Emi Maruyama all’indirizzo del protagonista Jake Adelstein, appena assunto ma già troppo irruento tra le firme del quotidiano più venduto di Tokyo.

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E lo sguardo di Michael Mann è altrettanto, ancora, almeno un milione di ore in anticipo sul nostro presente: il pilot di questa serie HBO Max (che in Italia approda su Paramount+), unico episodio diretto da Mann che negli altri sette presta la sua firma come produttore esecutivo, riparte dalla sezione finale di Blackhat, quella quasi muta ambientata nel “giorno del silenzio” di Bali, e non esita a rarefare dialoghi e narrazione per raccontarci dall’interno la quotidianità di questo ambizioso reporter americano a Tokyo (l’Ansel Elgort di Baby Driver - Il genio della fuga), letteralmente spiato dalla macchina da presa mentre viaggia nella metro stracolma, mangia street food chino sulla sua agenda, poi si va a sfogare ballando come un forsennato nei club.

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Neon, primi piani ravvicinatissimi alternati a movimenti repentini, una generale aria di sospensione dentro all’occhio del ciclone, musica in zona grunge (Release dei Pearl Jam, quando Jake rientra a casa nel suo mini-appartamento sopra a una locanda): chi fosse in astinenza da vertigini manniane ritrova qui tutti i segni della sua epica metropolitana in forma d’haiku, forse lo stesso di Matsuo Basho che viene citato nella terza puntata, e che ci sembra una definizione perfetta del cinema dell’autore («Amico, accendi il fuoco/ti mostrerò/una palla di neve»).

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Gli episodi pilota della tv di Michael Mann sono d’altronde spesso delle vere e proprie gemme, come quello insuperato della precedente Luck o quello storico di Crime Story - Le strade della violenza diretto da Abel Ferrara. Chi s’aspetta qui la versione giapponese di Miami Vice si troverà però davanti una vicenda (tratta dall’autobiografia, a quanto pare assai “ricamata”, del vero Adelstein) molto più vicina invece alle ambientazioni di Insider - Dietro la verità, anche se la seconda sezione del pilot, in cui Jake segue per un’intera notte di locale in locale la star della polizia locale Jin Miyamoto, si situa più in zona Collateral.

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Di profondamente manniano, la serie - creata dal drammaturgo J.T. Rogers - ha la costruzione del vero rapporto d’amore che la attraversa, non quello tra Jake e la sex worker Samantha, expat anch’essa, quanto quello tra il giovane protagonista e il Vincent Hanna (lo sbirro di Heat - La sfida) di Tokyo, il detective Katagiri (Ken Watanabe), che si trasforma ben presto in mentore e padre putativo. Tra le sbronze dopo-redazionali delle matricole e i camerini delle escort dei night di lusso, a rubare la scena nel corso delle puntate è progressivamente il sulfureo boss della gang cattivissima alla conquista di Tokyo, Shinzo Tozawa. Il resto, a malincuore, mostra forse fin troppo il respiro cadenzato di un impianto serial investigativo che viaggia senza scosse ma non si concede, passati i primi 50 minuti, alcuna sospensione, kitaniana giusto per dire, nemmeno tra gli yakuza.

Autore

Sergio Sozzo

Sergio Sozzo è il direttore editoriale di sentieriselvaggi.it. Ha pubblicato saggi su Stallone, Shyamalan, Lav Diaz, Schoedsack, Alice Rohrwacher, Corso Salani, Miyazaki. Ha curato e condotto trasmissioni sul cinema per radio e web tv. Tiene corsi sulla critica, sul giornalismo cinematografico, sulle culture digitali. È stato aiuto regista di Abel Ferrara per il documentario Piazza Vittorio.

La serie tv

locandina Tokyo Vice

Tokyo Vice

Poliziesco - USA 2022 - durata 55’

Titolo originale: Tokyo Vice

Creato da: J.T. Rogers

Con Ansel Elgort, Ken Watanabe, J.T. Rogers, Rachel Keller, Hideto Katsuya, Vincent Gale