Se Il ladro di bambini (disponibile su The Film Club) è ancora oggi di una bellezza commovente, è perché è uno dei pochi film italiani ad aver colto la radice umanista del neorealismo. Quella parola nel titolo, “ladro”, non è certo casuale: il film di Gianni Amelio è un omaggio implicito a Ladri di biciclette di De Sica, alla profondità del suo sguardo, alla capacità del cinema - di quel cinema nato dalle macerie del Dopoguerra - di riconoscere ai personaggi una bellezza e una redenzione negate dalla società.
Il film si apre su un crimine, su uno scandalo per la legge e per la cronaca: l’arresto di una madre che a Milano, in un quartiere periferico, faceva prostituire per ottusità e disperazione la figlia di 11 anni. Da lì nasce il viaggio che i figli della donna, Rosetta, la bambina prostituta, innocente e ferita, e il fratello Luciano, nove anni, taciturno e asmatico, compiono da Milano a Civitavecchia, e poi fino in Sicilia, per raggiungere un istituto per minori disposto ad accoglierli.
Ad accompagnarli un carabiniere, Antonio, mollato a Bologna dal collega e coinvolto in qualcosa più grande di lui; un figlio del sud, calabrese come Amelio, che è entrato nell’arma perché il lavoro è sicuro e la legge va rispettata. Il rapporto di Antonio con Rosetta e Luciano, inizialmente distaccato, poi sempre più intimo fino a diventare paterno, esce in maniera naturale dai confini dell’istituzione ed entra in quelli della famiglia, dell’affetto, dell’amore. Perché lo Stato è fatto di leggi, ma la vita di bisogni e di generosità. E lo scandalo su cui si chiude il film si fa ancora più dirompente, perché giusto e bellissimo per gli uomini e il loro cuore, ma sbagliato per la legge.
Il volto stupito e ingenuo di Enrico Lo Verso mentre ascolta dal comandante Renato Carpentieri i capi d’accusa che lo riguardano rivela la distanza che separa la vita dall’istituzione, il sentimento dalla regola: una distanza che solo il cinema sa misurare nella sua tragica ampiezza. Nel corso di tutto il film, la macchina da presa di Amelio ha colto Antonio, Rosetta e Luciano dentro l’Italia del loro tempo, immersi nell’atmosfera molle di un’estate italiana che porta da nord a sud, su treni a lunga percorrenza, nei bar delle stazioni, nei ristoranti sulla statale, nei baracchini sulla spiaggia.
In sottofondo si ascoltano canzoni e canzonette (Gianna Nannini, Fabio Concato, Peppino di Capri, I Nuovi Angeli, Mina, i Dik Dik); i suoni di auto, motorini e camion sovrastano i dialoghi; i personaggi si fondono con il paesaggio, ripresi a distanza, insieme o separati, disposti su più livelli, proprio come De Sica filmava l’attacchino Antonio e suo figlio Bruno per le strade assolate di Roma, abbandonati dalla Storia e dal destino. All’epoca Enzo Siciliano scrisse sull’”Espresso” che quella di Il ladro di bambini era l’Italia degli umili: rivisto oggi, il film mostra soprattutto un’Italia anch’essa abbandonata, unita ma sola; anonima, viva, a suo modo anche buona. Da allora nessuno ha più saputo raccontarla in quel modo, perché nessuno ha più voluto filmarla in quel modo.
Il film
Il ladro di bambini
Drammatico - Italia 1992 - durata 112’
Regia: Gianni Amelio
Con Enrico Lo Verso, Valentina Scalici, Giuseppe Ieracitano, Florence Darel, Marina Golovine, Renato Carpentieri
in streaming: su Apple TV Amazon Video Rakuten TV Rai Play Timvision
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