Nel 1975 il produttore Norbert Saada - all’attivo due importanti co-produzioni western come Il mio nome è Nessuno e Un genio, due compari, un pollo - contatta Alain Delon affinché faccia leggere una sceneggiatura di Franco Solinas al regista americano in esilio Joseph Losey, con il quale l’attore aveva già lavorato per L’assassinio di Trotsky. Saada aveva in precedenza proposto il copione a Costa-Gavras che però aveva preferito un altro film, L’affare della Sezione Speciale. Delon è interessato al progetto, il protagonista Robert Klein, facoltoso mercante d’arte parigino identificato come ebreo durante l’occupazione tedesca, gli sembra nelle sue corde.
Decide allora, insieme al socio Raymond Danon con il quale aveva già prodotto nel 1974 Lo zingaro, da un romanzo di José Giovanni, di metterci faccia e soldi per finanziare il film. Losey accetta di dirigere Mr. Klein dopo avere modificato alcuni passaggi della sceneggiatura originale di Solinas. Per esempio insiste affinché siano accentuati gli aspetti kafkiani più surreali, e perché determinati riferimenti storici abbiano connotati simbolici marcati, sfidando anche la “verità” della ricostruzione.
Il caso più evidente riguarda il famigerato “rastrellamento del Velodromo d’inverno”, quando poliziotti francesi e uomini della Gestapo radunarono oltre 13 mila parigini di origine ebraica, uomini donne e bambini, per mandarli nei treni piombati ad Auschwitz. Nella realtà il rastrellamento avvenne tra il 16 e il 17 luglio del 1942, le cronache parlano di un caldo implacabile, mentre nel film siamo chiaramente in inverno, fa molto freddo e in una sequenza precedente al fatto, ambientata in campagna, c’è addirittura la neve.
A Losey interessava accentuare il carattere livido (ottima fotografia di Gerry Fisher, con il regista fin dai tempi di L’incidente) ma nello stesso tempo gelido, plumbeo e opprimente dell’atmosfera del racconto. Il quale si concentra su quest’uomo senza qualità, Klein, che a inizio film paga poco il quadro prezioso di un signore nei guai costretto a vendere rapidamente, per poi scoprire l’esistenza di un omonimo, a lui somigliante, ma ebreo.
La ricerca dell’alter ego assume contorni metafisici e - si è detto - kafkiani, peraltro contemplati nel testo originale di Solinas (sceneggiatore eccellente: Mr. Klein fa il paio con il suo soggetto successivo, l’ultimo prima della scomparsa, intitolato Hanna K. e portato sullo schermo da Costa-Gavras). Ma Losey, nella costruzione drammaturgica, pensa senz’altro anche a Samuel Beckett e il film - per pura coincidenza - ha tratti simili al coevo L’inquilino del terzo piano di Roman Polanski (specie per le scene nell’appartamento dell’”altro” Klein, con la sfuggente tenutaria). Due capolavori. La prova di Alain Delon è magistrale.
Purtroppo al Festival di Cannes, dove Mr. Klein viene presentato in concorso, la giuria presieduta da Tennessee Williams gli preferisce José Luis Gómez interprete del film spagnolo Pascual Duarte (boh), mentre la Palma d’oro è vinta da Taxi Driver di Martin Scorsese (e va bene). Il problema è che una volta in sala il film passa inosservato, un flop totale. Così Delon in un’intervista rilasciata a Henry-Jean Servat: «Mr. Klein esiste perché l’ho voluto io [...], ho voluto finanziarlo ma è stato un insuccesso scioccante, che mi ha fatto perdere 300 milioni di franchi dell’epoca». Scioccante e ingiusto. Questo dramma sull’identità, relativo al più grande orrore umano dell’epoca contemporanea, la Shoah, va ampiamente rivalutato e riproposto.
Pubblicato su Film Tv n° 12/2018
Il film
Mr. Klein
Drammatico - Francia 1976 - durata 125’
Titolo originale: Mr Klein
Regia: Joseph Losey
Con Alain Delon, Jeanne Moreau, Michael Lonsdale, Juliet Berto, Suzanne Flon
in streaming: su Amazon Video
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